Il 26 ottobre prossimo all’auditorium della banca Popolare di Lodi vi sarà un momento musicale, di danza e prosa, per ricordare che in via Cagnola da 100 anni vi è un luogo, l’Istituto penitenziario, dove vi sono persone private della libertà perché ritenute responsabili *direttore dell’istituto penitenziario di un reato. Una realtà che è parte della società e che si muove e si orienta con essa. Una realtà che esprime sofferenza e lontananza ma che è viva. Le persone che devono condividere l’intera quotidianità in spazi ristretti, dove il tempo non è scelto e dove ci si ritrova tra estranei, sono uomini, spesso molti giovani, che, se vogliono, sono capaci di fare e di dare. E lo dimostrano continuamente: nel dialogo, nel confronto con gli operatori e con i volontari, nel desiderio di imparare e di ascoltare tutte le occasioni positive che, pur con molta difficoltà e con risorse esigue, si possono offrire.

È molto poco rispetto al bisogno, ma è tutto quanto ora è possibile fare. In questo, a Lodi, la città è altrettanto viva e presente: lo è con le Istituzioni, in particolare con l’Assessorato alle politiche sociali del Comune di Lodi, lo è con il privato sociale, se si pensa ai tanti volontari sia quelli che da anni sostengono l’istituto, sia quelli che solo da poco hanno scelto di mettere il loro tempo e la loro disponibilità per le persone detenute. Il carcere nel tempo si è trasformato e oggi è un luogo dove si respira il più profondo disagio sociale. È un luogo dove è “urgente” intervenire perché è urgente restituire alle persone recluse il loro valore, nella consapevolezza che non sono degli emarginati ma parte di una società.

Il carcere fa parte e continuerà a far parte del contesto in cui viviamo, perchè questo è il “modo” con cui abbiamo scelto di punire alcuni comportamenti devianti. Questo però non può e non deve significare “rivincita o vendetta”sociale. Dovrebbe significare accettazione e comprensione della fallibilità umana e oggi più che mai comprensione dei bisogni sociali. Il carcere non è un rimedio, e certamente non è strumento di “rassicurazione sociale”: la pena non è eterna, le persone ritornano nel contesto esterno ed è una questione importante e seria quella che possano aver appreso una positiva percezione di ciò che è il loro essere.

Il 26 ottobre si vuole ricordare l’esistenza di un luogo che a Lodi non è solo: vi sono operatori che con molte difficoltà e limiti si fanno carico, nella loro professione, di un lavoro delicato, che di recente, il Comitato dei Ministri d’Europa ha definito “essenziale per lo stato di diritto”. Ma, sempre il Comitato sottolinea come il raggiungimento degli obiettivi istituzionali “dipende dal coinvolgimento della società e dalla cooperazione con essa e che l’efficienza di un servizio penitenziario dipende dal supporto della popolazione”.

A Lodi ho ritrovato questo, quotidianamente. L’ho percepito fortemente quando da parte della Fondazione della Banca Popolare, nel sostegno ai bisogni della città, non è stato escluso il bisogno del carcere e, dunque, delle persone che lo vivono. Così anche in questa occasione il contributo della Fondazione non è mancato. A questo si è unito quello della Banca Popolare, una banca che lavora nel territorio e per il territorio, e che quando è stata interpellata ha dato tutta la disponibilità che poteva offrire. Sono stati coinvolti in questo evento artisti professionisti perché a loro è stato affidato il compito di trasmettere emozioni intense e capaci di suscitare una riflessione sul senso dello spettacolo: con loro si sono unite le persone detenute che hanno espresso il desiderio di esserci e che ci “metteranno la faccia”, mostrandosi al pubblico, perché “loro ci sono”. Il desiderio è quello di avvicinare ancora di più le persone a conoscere e comprendere che carcere non è un luogo di cui avere paura ma un luogo nel quale è necessario partecipare perchè le persone detenute hanno diritto a mantenere forte il desiderio di sperare e di non sentirsi “a vita” emarginati.

Era il 1764 quando venne pubblicato “Dei delitti e delle pene” di Cesare Beccaria, era quello il tempo dei “lumi”, come illuminanti e così attuali erano le sue parole: “…il peso della pena e la conseguenza di un delitto dev’essere la più efficace per gli altri e la meno dura che sia possibile per chi la soffre, perché non si può chiamare legittima società quella dove non sia principio infallibile che gli uomini si sian voluti assoggettare ai minori mali possibili”.

“Tieni il tempo”, questo è il titolo dello spettacolo del 26 ottobre: “tieni il tempo e non sprecarlo più” è quello che si dicono le persone detenute. L’ingresso è a offerta e si è scelto di non destinare le risorse all’istituto ma ad una realtà cittadina impegnata nella solidarietà e nell’aiuto sociale, perché anche questo è uno strumento di giustizia riparatiiva, ovvero un modo per rimediare e ricomporre la frattura con la società.

Quanti possono e desiderano partecipare allo spettacolo del 26 ottobre potranno sostenere un’iniziativa benefica per la città di Lodi condividendo un progetto della Casa Circondariale, del Volontariato, delle Istituzioni, di Comune e Provincia insieme, della Fondazione e della Banca Popolare di Lodi, per fare memoria di chi, pur sbagliando, ha pagato e paga l’errore con la libertà.

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