Arrivano buone notizie dal mondo del terzo settore. Nell’ultimo anno, le cooperative sociali del nostro Paese hanno registrato una maggiore fidelizzazione degli istituti di credito ed è aumentato anche il livello di soddisfazione nei confronti delle banche, sempre più propense ad attivare strategie di personalizzazione nei confronti dei soggetti non profit. Inoltre, diminuiscono le richieste di finanziamento per investimenti (-3,2%), mentre l’autofinanziamento torna a rappresentare la principale fonte di copertura (47,3%) degli investimenti del terzo settore. È quanto emerge dalla quinta edizione dell’“Osservatorio Ubi Banca sulla Finanza e il Terzo Settore”, realizzato dall’istituto lombardo con il supporto scientifico di Aiccon (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del Non profit).
Il dossier, che ha l’obiettivo di monitorare in maniera continuativa lo stato e l’evoluzione del fabbisogno finanziario del Terzo settore, per il quinto anno consecutivo ha osservato le principali tipologie giuridiche delle organizzazioni non profit, in un insieme che comprende la cooperazione sociale, l’associazionismo, le fondazioni e le imprese sociali. L’indagine, riferita all’anno 2015, è stata realizzata attraverso un’analisi campionaria svolta tramite un questionario rivolto ai responsabili di 250 cooperative sociali e di 25 ibridi organizzativi, ovvero enti caratterizzati da un alto livello di imprenditorialità e innovazione nonché da strutture societarie sotto forma di società di capitali, selezionati all’interno del Gruppo cooperativo Cgm.
Secondo la ricerca resta stabile il numero medio di istituti di credito con cui le cooperative sociali intrattengono rapporti e, dato ancor più rilevante, aumenta la soddisfazione da parte di questi enti verso il sistema bancario: il 44,0% (+8,8 punti percentuali rispetto al 2014) ritiene infatti che le banche applichino metodi di valutazione personalizzati.
“E’ il segnale che le banche hanno definitivamente imparato ad approcciarsi con i soggetti no profit – spiega Sara Rago, coordinatrice dell’area ricerca di Aiccon – perché hanno iniziato a relazionarsi al meglio con le cooperative sociali, introducendo servizi bancari sempre più personalizzati e adatti al terzo settore”.
La tendenza positiva viene confermata anche dalla percentuale di concessione di finanziamenti: più della metà delle cooperative sociali dichiara di aver avuto esito positivo alla richiesta inoltrata agli istituti di credito con la concessione dell’intero ammontare del finanziamento richiesto (+4,0% rispetto al 2014).
Ma oltre alle cooperative sociali, che in Italia sono quasi 13mila e generano un valore della produzione pari a 10miliardi di euro annui con 500mila addetti, la ricerca ha preso in esame anche i cosiddetti ibridi organizzativi. Questi soggetti, differenti per natura giuridica dalla cooperazione sociale tradizionale, rappresentano ancora una new entry nel panorama del terzo settore. Pur non godendo della stessa fiducia da parte delle banche (il 52,6% dichiara che gli istituti di credito hanno solo parzialmente introdotto strategie di personalizzazione), gli ibridi presentano per il 2016 previsioni di crescita più ottimistiche rispetto a quelle delle cooperative sociali.
E a conferma di questo dinamismo imprenditoriale, dalla ricerca emerge che 9 realtà su 10 intendono operare investimenti, superando di oltre 40 punti percentuali il dato relativo alle cooperative sociali “tradizionali”.
“Questi dati sono molto confortanti – ha dichiarato al Sir Pietro Barbieri, portavoce del Forum nazionale del Terzo settore – perché dimostrano che sono stati fatti importanti passi in avanti nel sostegno al terzo settore. Ma se da un lato emerge una fiducia sempre maggiore delle banche verso le cooperative sociali, dall’altro non si può dire lo stesso per gli ibridi. Occorre allora trovare il giusto equilibrio, perché ricordiamoci che il terzo settore non produce reddito per i propri soggetti, ma per gli altri”.
Secondo il dossier, insomma, la finanza si conferma uno strumento centrale per l’impresa sociale del nostro Paese, e la sensazione è che le banche abbiano iniziato finalmente a dialogare nella giusta maniera con i soggetti del mondo no profit.
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