A dieci anni dalla disastrosa alluvione del del 26 novembre 2002, che devastò Lodi, vorrei ricordare quei drammatici giorni. Dieci anni possono sembrare tanti o pochi. Dieci anni fa c’è stato un evento che ha segnato la vita di molti lodigiani della nostra comunità, attimi, ore, giorni, che si ricordano ancora oggi perfettamente come gli odori del fango e dell’acqua che come ladri si sono portati via le nostre cose, i ricordi più cari, e sempre come un ladro, il fango ha violato le nostre case, le nostre cantine, i nostri garage, le nostre auto lasciandoci nel naso, in bocca, nel cervello la stessa sensazione, la stessa situazione che si patisce come dopo aver subito un furto, la stessa mancanza di sicurezza, la paura per le proprie cose violate, per l’incolumità dei propri cari, l’incertezza per il futuro. Ma quel tragico giorno ha colpito anche le nostre imprese industriali, artigianali, commerciali, le nostre aziende agricole e le loro campagne, quindi danni all’economia e al lavoro. Come pure i danni alle pubbliche infrastrutture che sono il bene comune di noi lodigiani.
Dopo dieci anni vorrei fare il punto sull’attuale situazione del rischio idrogeologico, ma non ci riesco perché nonostante molto è stato fatto, ancora tanto resta da fare. Col trascorrere del tempo è subentrata indifferenza, oblio, menefreghismo di troppe Istituzioni ed enti preposti e la scusante che mancano i fondi e la coperta è corta.
Come il solito si punta sulla gestione delle emergenze e non sulla prevenzione, si è potenziata la Protezione Civile e si fanno convegni autocelebrativi. E come i preposti, in buona parte sono gli stessi alluvionati perché “una volta all’asciutto si dimentica”. Tutto ciò può essere normale, e giusto il desiderio di dimenticare le cose brutte, ma bisogna pretendere e continuare a lottare perché quanto avvenuto nel novembre 2002 non accada più, anche perché oggi i danni potrebbero essere notevolmente maggiori e non si avrebbe alcuna certezza di ottenere risarcimenti adeguati; ma poi perché dovremmo subire ancora tale disastro?
Ora resta da capire concretamente quello che resta ancora da fare, quali sono i progetti concreti e realizzabili, quali gli effettivi piani di manutenzione programmatica, quali i finanziamenti disponibili per mettere in sicurezza idrogeologica il territorio lodigiano, non possiamo perdere altro tempo, non possiamo permetterci nuove emergenze alluvionali.
Da queste colonne mi sento di ringraziare nuovamente il geometra Nicola Bonelli, che impose al Comitato Alluvionati da me diretto di chiedere a gran voce alle istituzioni di intervenire sulla regimazione del fiume Adda, partendo dall’intervento “principe”, l’eliminazione della briglia a valle del ponte urbano di Lodi. I tecnici locali ci hanno creduto in parte ed hanno solo fatto un abbassamento della soglia della briglia. Intervento seguito da altri proposti dal Comitato.
Ancora mancano all’appello fra gli interventi proposti dal C.Al.Lo, la regimazione e allargamento dell’alveo. Da quando è stata abbassata la briglia, diverse piene molto sostenute sono passate sotto le arcate del ponte e attraversato la città di Lodi, senza esondazione del fiume Adda, grazie all’abbassamento del tirante idrico che ha modificato la soglia di emergenza. Però ancora ad ogni forte precipitazione atmosferica, si sta con il mal di pancia e la paura; molteplici sono gli articoli pubblicati su questo quotidiano aventi oggetto “Adda sorvegliato a vista …. I lodigiani scrutano il letto del fiume …”. Per eliminare ogni paura, ansia in noi cittadini, spero che presto chi di dovere faccia gli interventi di regimazione e aumento della sezione dell’alveo a monte del ponte Napoleonico. Il rammarico in questo decimo anniversario è per gli interventi non ancora realizzati e nessuna iniziativa “Per non Dimenticare“.
© RIPRODUZIONE RISERVATA