Docenti, 3 febbraio: un incubo

Qualcuno mi ferma in corridoio e mi dice: «mio caro preside, premetto che ho l’ora buca e non avendo avuto una supplenza posso fermarmi a parlare con lei, ma così non si può andare avanti». Naturalmente lo ascolto con molta attenzione e capisco subito il motivo della frustrazione. La lingua batte dove di questi tempi il dente duole e a far male è la C.M. del 3 febbraio 2016: le gite scolastiche. Pardon volevo dire i viaggi di istruzione. E sì perché in effetti non sono gite scolastiche all’insegna di panini e coca cola, ma vere e proprie escursioni culturali organizzate e offerte agli allievi per meglio conoscere e capire usi, costumi, tradizioni, arte, cultura e scienza del luogo che si visita. Ma la nuova circolare è un incubo. Un docente non deve più limitarsi a preparare gli allievi al viaggio programmato, ma deve andare oltre e imbattersi in conoscenze che fino a ieri non erano di sua competenza. E mi spiego. Al docente, infatti, viene ora richiesto di approfondire la meccanica dei mezzi di trasporto, il monitoraggio dei pneumatici, la biologia del corpo umano, la chimica dei componenti oppiacei, la psicologia degli adulti sotto stress, la sociologia delle relazioni, il tutto senza mai dimenticare che deve vigilare sugli alunni a lui affidati, deve dormire poco la notte per non farsi fregare da qualche allievo sveglio. Vuoi vedere che sono costretto a organizzare dei corsi di formazione destinati ai docenti per farne anche degli ottimi meccanici, dei preparati gommisti, dei bravi investigatori sociali nonché dei provetti “fiutatori” di polveri bianche? Personalmente sono preoccupato. Chissà cosa mi costerà un formatore della IVECO disponibile a dare lezioni sui motori diesel, o un gommista della Pirelli per lo studio sull’usura delle gomme. Sono sincero. Su questo fronte sono impreparato. Fino all’altro ieri ero concentrato a preparare corsi di formazione per docenti sui BES, PEI, MOF e PDP e poi su DSA, PDF, RAV e PDM, o ancora su GLH, TIC, INVALSI e INDIRE. Ma devo rivedere il piano formativo. Dopo la chiacchierata con alcuni docenti sono costretto a rivedere la strategia di aggiornamento professionale e assicurare a tutti il mio impegno verso proposte più confacenti alle attuali situazioni. Mi conviene riorganizzarmi e prendere contatti con il dott. Sergio Marchionne per avere un ottimo meccanico padrone dei motori a scoppio che abbia la pazienza di spiegarlo a degli insegnanti; con il prof. Domenico De Masi di sociologia del lavoro a cui vorrei chiedere se un autista ebbro può essere licenziato dietro semplice relazione da parte del docente accompagnatore; con il prof. Dario Bressanini, chimico e ricercatore, per approfondire gli effetti degli oppiacei o di qualche grappino sull’organismo umano mentre si è alla guida di un autobus con alunni a bordo. Grandi relatori che sapranno sicuramente preparare a dovere i miei insegnanti. Non sarà facile averli a scuola. Ma il problema è anche un altro. Dove vado a prendere i soldi per i loro onorari? Allora forse è meglio ripiegare sul meccanico di fiducia, sull’amico medico che lavora in ospedale, sul collega di sociologia che mi costi poco.L’importante è dare ai docenti accompagnatori le conoscenze che la circolare richiede. Del resto ci sono dei segnali indicatori che annunciano particolari sintomi preoccupati. Per esempio se l’autista non parla, è taciturno, o anche particolarmente nervoso al punto da non sopportare il chiasso che i ragazzi fanno a bordo durante il viaggio, allora vuol dire che è depresso. In tal caso quando si è a tavola è bene averlo vicino e fargli bere solo acqua minerale possibilmente gasata per fargli digerire quello che mangia. Poi, stando a quello che mi dicono i docenti attenti, pare che dovrei preoccuparmi di fornire loro un borsone da viaggio con dentro alcuni pezzi di ricambio in caso di rottura delle pastiglie dei freni o delle valvole dei cilindri dell’albero a camme, un “calibro di profondità” per calcolare lo stato di usura delle gomme, una borsa di pronto soccorso con degli antidepressivi, un po’ di “tarassaco” per depurare l’organismo intossicato da qualche grappino di troppo, e della “curcuma” per tenere l’autista sempre in forma. A questo punto una preghiera particolare sento di rivolgere alle mogli degli autisti. Per favore non fateli arrabbiare la sera prima della partenza, sono insopportabili e non disponibili ad aiutare i ragazzi a sistemare i bagagli sul pullman. Fatelo per me che vi voglio tanto bene! In parole povere un insegnante oltre che badare ai ragazzi che in gita sono sempre presi da una particolare frenesia annaffiata di comportamenti goliardici misti a quelli censurabili, d’ora in poi deve assumersi altre responsabilità che lo mettono in tensione. Cosicché un viaggio di istruzione se per i ragazzi rappresenta un’esperienza che rimarrà per sempre nella memoria, per i docenti può rivelarsi un incubo al punto da star male prima ancora di partire. Al sol pensiero che alla “culpa in vigilando” rivolta agli allievi loro affidati può ora affiancarsi anche la “culpa in eligendo” per mancanza di responsabilità nell’esercizio delle incombenze dalla norma loro affidate, mi vien la pelle d’oca. E allora? Come affrontare la questione? Come al solito con buon senso. Vale la pena precisare che comunque esiste già una norma ben dettagliata che impone alle agenzie di viaggio di consegnare in segreteria adeguata documentazione da cui risulti che i mezzi di trasporto utilizzati sono in ottimo stato oltre a tutta una serie di documenti che vincola le stesse agenzie a una sorta di responsabilità professionale. Ciò non toglie le responsabilità a cui un insegnante va incontro dal momento in cui sale sul pullman con i suoi allievi. In questi casi l’importante è non snaturare la funzione educativa di un docente che non ha nulla a che vedere con quanto viene in aggiunta richiesto. Rimane un dato. Come Cerbero anche un insegnante in gita deve controllare notte e giorno a che tutto fili liscio, senza pensare di riposare e ricordare ai ragazzi ciò che Dante sottolinea nel XXVI° Canto dell’Inferno: «Fatti non foste per vivere come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza».

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