È finita: tempo di feste e... di bermuda

C’è nelle scuole superiori in questi giorni una sorta di eccitazione collettiva che prede tutti i ragazzi come se invece di recarsi a scuola ci si recasse a una festa, a un party, che so io, a un veglione di fine anno. Se così fosse qualcosa potrebbe trovare anche una sua naturale giustificazione. Ma così non è. Primo perché la scuola non è un locale di divertimento, secondo perché a scuola si va per imparare a crescere in personalità e in cultura e non per fare grigliate. La cronaca di questi giorni, invece, ci racconta di ragazzi che arrivano a scuola in tenuta da spiaggia, ma anche di ragazze giovanissime un po’ troppo disinibite. Parliamo di ragazzi in bermuda impegnati a tener testa a ragazze generose nel mostrare ogni «beltade» che madre natura ha loro dato in gestione.«Il comportamento pretenzioso fortemente narcisista – ci ricorda Bernhard Bueb, filosofo e pedagogista contemporaneo - ostentato da molti bambini e giovani è uno dei maggiori problemi pedagogici degli ultimi decenni. Scarsa propensione alla fatica, ricerca del divertimento, autocompassione e uno sfrenato consumismo caratterizzano la vita di gran parte degli adolescenti».Per fortuna che le perturbazioni di questi giorni mantengono basse le temperature nelle aule dove potrebbero salire a seconda di come ci si veste. Qualcuno potrebbe ravvisare in una circolare del preside la soluzione al problema. Una circolare che vieti l’ingresso a scuola a chi si presenta con un abbigliamento fuori ordinanza. Anche in questo caso è la cronaca a raccontarci qualcosa su cui è bene riflettere. I fatti in breve. Il mio collega dell’Istituto Tecnico Nautico «Tommaso di Savoia» di Trieste per affrontare in qualche modo il problema, si è permesso di emanare una circolare di divieto di ingresso a scuola ai ragazzi con un «abbigliamento non adeguato».Ben presto, però ha dovuto fare i conti con la polizia chiamata dai ragazzi fermati sul portone d’ingresso. Dopo una lunga trattativa tra le parti (polizia-studenti-preside) si arriva alla resa... del preside. Quale il compromesso trovato? Ai ragazzi con le bermuda è concesso di entrare, ma solo dopo aver posto la propria firma su un foglio di ingresso (sic!). Bella roba! Ora, però, dal momento che ritengo essenziale la presenza dei genitori nella vita dei figli, due sono le riflessioni da fare. O a casa tutto avviene sotto gli occhi compiaciuti dei genitori, a tal punto da dare via libera a ragazzi e ragazze di presentarsi a scuola in abiti da spiaggia, e allora vuol dire che la battaglia sarà lunga e difficile, oppure tutto accade sotto lo sguardo indifferente di chi dovrebbe intervenire, ma non lo fa perché ritiene l’abbigliamento l’ultimo dei problemi. Intanto a scuola i ragazzi più che mai decisi a indebolire una cultura lassista, si attivano per vivere al meglio gli ultimi giorni di scuola. La casistica è molto varia. Si va dalla classica festa in classe tra salatini, dolci e spumantini, alla chiassosa rincorsa tra i corridoi alla ricerca di qualcuno con cui scambiarsi affettuosi auguri per le imminenti vacanze; dal simpatico ringraziamento rivolto al docente per un’opera svolta con autorevolezza (che almeno fosse sincero), al misero tentativo di trasformare un rapporto empatico, in grado di comprendere idee ed emozioni, in un’occasione amicale del tipo «Guido, i’ vorrei che tu Lapo e io fossimo presi per incantamento» tanto per rifarmi al famoso sonetto di Dante. Non mancano iniziative estreme che nulla hanno in comune con una festa di classe. In questo caso l’aria si fa asfittica per dare spazio ai geni del malcostume, ovvero all’affermarsi di una certa cultura che vede nella stupidità l’alternativa alla gioiosa ragione.Ecco allora che trovano spazio gavettoni, schiuma da barba, farina e uova quali principali ingredienti in grado di trasformare una festa di fine anno in un festival di inciviltà, accompagnato talvolta, da particolari code che si consumano nelle fontane dei giardini dove c’è chi si esercita a imitare l’intramontabile scena della «Dolce vita» di Fellini con Anita Ekberg e Marcello Mastroianni nella famosa fontana di Trevi. Non mancano coloro che, invece, pensano bene di chiudere l’anno con una bella sbronza. Una scena che per certi versi mi ricorda la festa delle «Oscoforie» nell’antica Grecia, quando giovani e meno giovani, iniziavano con innocenti cortei in onore di Dioniso quale forma di ringraziamento per il buon raccolto dell’uva, per finire in una bella ubriacatura collettiva dopo abbondanti libagioni. Cosicché oggi siamo di fronte alla naturale evoluzione della tradizione studentesca, che vede un diverso affermarsi, tra gli studenti, del modo di vivere gli ultimi giorni di scuola.Se un tempo era l’occasione propizia per dimostrare «a tous le monde» una latente quanto efficiente capacità di recupero di qualche brutto voto, anche se in zona Cesarini, oggi questa efficiente capacità di recupero viene sostituita da una serie di comportamenti allegri dichiaratamente fuori contesto. E gli ingredienti ci sono tutti. Aria festaiola, abbigliamento da spiaggia con variabili tali da rasentare persino la decenza, baci e abbracci, scambi di indirizzi estivi, di e-mail, di inviti, di password necessarie per accedere ai social network. Non mancano studenti che vantano con un pizzico di orgoglio l’elevato grado di fiducia strappata ai propri genitori, sempre pronti a spendersi per i propri pargoli con apprezzati gesti concreti.Ecco allora lo studente ringalluzzito presentare agli amici il motorino, nuovo di pacca, ricevuto in regalo prima ancora della pubblicazione degli esiti finali. Quale la logica che ci sta dietro? In sintesi è presto detto: se c’è la promozione, è un acconto che i genitori versano al figlio sul totale da accreditare; se c’è la sospensione del giudizio con gli esami a settembre, è solo la dimostrazione che le promesse vanno mantenute, convinti di aver inculcato un valore; se c’è la bocciatura è un incoraggiamento con invito a non mollare e a ritrovare fiducia nelle proprie capacità. Comunque vada al ragazzo è andata bene. Ha portato a casa il motorino. Beata generosità di mamma e papà.

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