I fatti incresciosi di sabato all’Olimpico, per la finale di Coppa Italia, inducono sicuramente a qualche riflessione. Lascio ad altri le considerazioni sulla disfatta delle Isituzioni che vanno a trattare con delinquenti conclamati, ammesso che questo sia avvenuto, e non mi addentro su commenti politici che francamente mi sembrano più dettati da un malcelato intento elettorale che da un sincero amore per lo sport e per il calcio in particolare. Per il vero, credo che i provvedimenti approvati sull’onda dello sdegno generale, siano utili ed inutili al tempo stesso. Utili perché senza dubbio contribuiscono a limitare i danni e a ridurre la tensione sociale; inutili perché sicuramente tra qualche mese saremo di nuovo qui a commentare episodi analoghi. Che fare allora? Sarà una mia deformazione professionale, ma credo che accanto a misure repressive che pur ci devono essere, sia necessario investire nella prevenzione e nell’educazione.Non per caricare la scuola di ogni responsabilità, ma se l’obiettivo educativo è quello della formazione di un cittadino responsabile, non si può prescindere da percorsi formativi,nei quali comportamenti di siffatta violenza vengano messi al bando da ogni contesto, sia esso un evento sportivo o una libera manifestazione politico/sociale. Nel caso specifico dell’attività sportiva, grande rilevanza assume, come sempre del resto, la famiglia. Non di rado si assiste infatti, nei campionati giovanili e nelle partite tra bambini, ad atteggiamenti più che reprensibili da parte dei genitori, ed anche i dirigenti di società sportive non sempre sanno prendere le distanze da smisurate aspettative di performances e risultati.Non si intende assolutamente demonizzare nessuno, tanto meno genitori immaturi, o volontari sportivi non sempre all’altezza sul piano educativo, ma certi comportamenti devianti indotti o non corretti, portano a lungo andare alle aberrazioni note. È per questo, o meglio per evitare questo, che è stato pensato un progetto educativo denominato “Io tifo positivo” che da alcuni anni Comunità Nuova fondata da don Gino Rigoldi, propone alle scuole di Milano e della Lombardia e da poco,su proposta dell’Unicef e grazie al contributo della Provincia e del Comune di Lodi, è stato portato anche nelle scuole del Lodigiano. Per il vero sono ancora poche le scuole che ne possono fruire, perché come si diceva, sono pochi gli investimenti in tal senso, salvo poi dover intervenire con grande dispendio di risorse per garantire la sicurezza negli stadi e per riparare gli ingenti danni di frange violente. Il progetto “Io tifo positivo” vede attivamente i ragazzi impegnati in situazioni relazionali di collaborazione e sana competizione ed è finalizzato, anche col coinvolgimento di genitori ad una autentica pratica sportiva e ad un esercizio di tifo positivo. Lo sport non può prescindere, beninteso, dalla competizione; il tifo non può non essere di parte; ma, senza spendere espressioni troppo consunte, l’uno, specialmente se praticato in contesti giovanili non può essere snaturato in un eccessivi agonismi; l’altro, il tifo, non può degenerare in manifestazioni odiose di intolleranza o peggio di razzismo. Si tratta per usare un’espressione abusata ma sempre efficace, di recuperare gli stadi ad una dimensione di festa e lo sport ad un autentico momento formativo. Per intanto, le otto classi di scuola primaria di Lodi e Sant’Angelo che hanno avuto quest’anno l’opportunità di partecipare a questo progetto (ma speriamo che il prossimo possano essere di più) andranno allo stadio di San Siro per l’ultima partita di campionato, per manifestare pacificamente con striscioni e manifesti e per gridare con l’entusiamo giovanile, ma anche, se vogliamo con una certa faziosità del tifoso,”Io tifo positivo”.
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