«Cosa mi manca dell’Australia? La relazione con persone diverse, con culture diverse… In Italia crediamo di essere multiculturali, ma siamo pieni di pregiudizi. E i miei sono caduti in Australia: lì ho imparato a conoscere e apprezzare le persone per quello che sono… pakistani, arabi, cinesi… parlando, mangiando, vivendo con loro!». Enrico, classe 1987, laurea in economia e management conseguita alla Cattolica di Milano, è uno dei tanti giovani (italiani e lodigiani) ad aver compiuto un percorso di formazione in Australia. «Sono partito subito dopo la laurea, nel marzo 2010: a Sidney ho frequentato per due anni un master di international business che, una volta tornato, mi ha permesso di trovare immediatamente lavoro. L’Australia mi ha fatto davvero crescere nella mia formazione». Lodigiano non ancora ventiseienne, Enrico è ora il più giovane manager di Goodyear Italia: grazie a un’esperienza di studio basata sulla pratica dell’imparar facendo e non solo sulla teoria. «Per fortuna almeno lui è tornato», penso non senza un poco di egoismo nazionale: sarebbe stato un peccato perdere un giovane tanto ricco di competenza ed entusiasmo. Altri, però, non tornano, si fermano dall’altra parte del mondo. Una emorragia di risorse: giovani, motivate, intraprendenti.Questa mia consapevolezza nasce per caso, durante un incontro tra colleghe: scopro infatti che ben tre studenti di una classe quinta che fu di un’amica sono partite e si trovano ancora là, a venti e più ore di aereo dall’Italia. Le ragazze, che ora hanno ventidue – ventitré anni, si sono diplomate tre anni or sono in scienze della formazione al “Maffeo Vegio”. Cristina, un’esperienza di lavori più o meno precari a Londra, prende il volo ora, incoraggiata dall’esperienza positiva delle due compagne che l’hanno preceduta, inizialmente con l’obiettivo di perfezionare la conoscenza dell’inglese. Giulia, dopo il diploma, non supera il test di ammissione all’università, vive per un breve periodo a Madrid come ragazza alla pari, quindi decide di raggiungere la sorella già in Australia; lavora dapprima come stagionale, nella raccolta della frutta, poi si stabilizza nel settore dell’hospitality. Tornerà in Italia in dicembre, ma ripartirà per Melbourne in febbraio, per rimanervi ancora alcuni mesi. Eleonora, frequentata per un anno l’università in Italia, nell’autunno 2011 parte con il fidanzato, specializzato nella ristorazione. Dopo un primo anno avventuroso («la mia casa era un caravan e mi spostavo di città in città per la costa est»), si è ora stabilita a Melbourne («una città sicura e onesta»), ove lavora per la maison Giorgio Armani, matura i requisiti per ottenere il rinnovo del visto e sogna la cittadinanza australiana, perché «qui le persone sono oneste e non importa se sei australiano o africano, la gente ti aiuta».Anche Alessandro, classe 1989, è specializzato nella ristorazione: con il suo diploma di aiuto cuoco conseguito al CFP “Clerici”, dopo due esperienze di precariato sul territorio (a Melegnano e a Lodi), coglie l’opportunità: grazie al contatto con un’amica di famiglia, un anno fa si trasferisce a Brisbane ed è già al secondo lavoro, più sicuro rispetto al primo ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno (occorre infatti che il datore di lavoro si impegni a un’assunzione minima di cinque anni). «Vive meglio rispetto a qui – osserva Gabriella, la sorella minore che corrisponde con lui attraverso chat e social network – certo là la vita è più cara, ma ha uno stipendio più alto, una prospettiva di futuro migliore…».Neppure Sirio, anche lui nato nel 1989, sembra intenzionato a tornare: diplomato in media design al Naba, la Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, si segnala nel territorio per la collaborazione qualificata a progetti innovativi (Festival di Fotografia Etica, Creature Fest), ma sconta la scarsità di offerta di lavoro nel settore fotografia e video, il suo. Parte l’inverno scorso con la fidanzata designer e con lei dà vita a un’attività di progettazione e promozione di oggetti: «Fa il lavoro per il quale ha studiato – racconta l’amico Luca - si sta mettendo in proprio e ha molti contatti attraverso la rete» (è vero: digitando in Google il nome del giovane “video maker and photographer from Italy” si visualizza un lungo elenco di siti di riferimento).«Non ce la faccio più a stare qui: – dice Alessandro, classe 1991, laureando in scienze della produzione animale alla Statale di Milano, che partirà in novembre per Sidney – l’Australia rappresenta per me la possibilità di vivere nuove esperienze e conoscere nuove persone, di diventare grande, insomma». Non solo avventura, però, nel progetto di Alessandro, ma la prospettiva di una formazione integrata, che unisca alla teoria studiata in Italia (la sua tesi verte sul controllo qualità del latte prodotto in un’azienda del territorio) la pratica esperienziale, da acquisire nelle aziende agricole australiane, prima di affrontare i due anni di specialistica al suo rientro, programmato per il settembre 2014. A differenza degli altri ragazzi e ragazze, che hanno utilizzato reti informali, Alessandro si serve invece di un’agenzia specializzata, che gli garantisce un primo corso di lingua inglese e un primo alloggio: «Attraverso questa agenzia partono tre o quattro persone al giorno, da tutta Italia. Tanti da Lodi, sì: nell’ultimo mese sono partiti due miei amici, Yari e Davide, che negli anni passati incontravo sui campi di calcio, ai campionati giovanili. E poi so anche di altri…».Lo fermo. Mi fermo. Mi fermo perché come insegnante questa emorragia di giovani capaci e coraggiosi, come ogni avanguardia migratoria di ogni tempo e luogo, mi fa male. Giovani che la scuola italiana ha formato, dando loro conoscenze, capacità, competenze… qualità che unite a intelligenza e determinazione porteranno beneficio e grandezza ad altri paesi. Non a questo, se non torneranno.I primi ad andarsene sono stati i figli e le figlie dei cittadini stranieri – le seconde generazioni nate o scolarizzate in Italia –, adolescenti rientrati con le famiglie nei paesi d’origine, in Romania, Egitto, Perù: soltanto dal “Maffeo Vegio”, da due anni a questa parte, non meno di dieci. Ora è la volta degli italiani, ragazzi e ragazze di poco più di vent’anni: manager, aiuto cuoco, video maker… Dall’altra parte del mondo, in Australia, in cerca di futuro e dignità, e non soltanto per sé o nel breve periodo: «Se devo pensare ai miei futuri figli – scrive Eleonora da Melbourne – ebbene, non c’è posto migliore di questo per farli crescere».
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