Giustizia e carceri, tre proposte

«Il Volontariato Penitenziario è pronto a depositare tre Disegni di Legge di iniziativa popolare per rendere le carceri conformi al dettato costituzionale. L’ennesima condanna dell’Italia per la violazione dell’articolo 3 della Convenzione dei Diritti dell’Uomo conferma quanto affermato da anni dalla Conferenza Nazionale, che ha incessantemente continuato ad attivarsi nella promozione di percorsi di giustizia».Inizia così il documento deliberato dal Consiglio Nazionale della CNVG - Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, che si è riunito a Roma il 18 e 19 gennaio scorso, in rappresentanza di 15.000 volontarie e volontari attivi nel settore della giustizia, delle carceri, dell’esecuzione penale esterna (alla Conferenza Nazionale aderiscono, tra gli altri, Antigone, Libera, Caritas Italiana).E così prosegue. «Sessant’anni fa, chi scrisse la nostra Costituzione aveva indicato la linea da tenere per chi commetteva reati, ma questa linea si è smarrita. Chi è responsabile? Perché ci sono 65.000 persone tenute in spazi dove ce ne possono stare 45.000 con tutte le conseguenze che ne derivano? Chi è responsabile? Perché sono caduti nel vuoto gli appelli del Presidente Napolitano che hanno indicato la situazione delle nostre carceri e Opg come indegna e inaccettabile per una società che si ritiene civile? Perché vengono spesi circa 135 euro al giorno per ogni detenuto per avere una risposta quasi nulla in termini di riabilitazione? Di chi è la responsabilità? Afferma Martin Luther King “Il grande problema non è la malvagità dei disonesti ma l’indifferenza degli onesti”».L’incontro si è svolto a pochi giorni dalla sentenza della Corte Europea di Strasburgo, di condanna all’Italia per le condizioni di sovraffollamento delle carceri, equiparate a «trattamenti inumani e degradanti». Una condanna (la seconda) che conferma quanto le associazioni attive nella difesa dei diritti delle persone detenute denunciano da tempo: la cancellazione dell’articolo 27 della Costituzione Repubblicana, che al comma 3 recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato». 65.752 (più che mai) ristretti in 45.584 posti regolamentari: non c’è limite di tollerabilità che tenga, tant’è che lo stato di emergenza degli istituti di pena italiani, dichiarato dal Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria nel gennaio 2010, non è stato revocato, e non può esserlo.Inascoltato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, più volte intervenuto in materia con parole forti e necessarie: il degrado strutturale dei penitenziari è «una realtà che ci umilia in Europa e ci allarma, per la sofferenza quotidiana - fino all’impulso a togliersi la vita - di migliaia di esseri umani chiusi in carceri che definire sovraffollate è quasi un eufemismo» (29 luglio 2011). E ancora (31 dicembre 2012): «Più che mai dato persistente di inciviltà da sradicare in Italia rimane la realtà angosciosa delle carceri, essendo persino mancata l’adozione finale di una legge che avrebbe potuto almeno alleviarla». Fino alla dichiarazione sulla sentenza della Corte Europea: «una mortificante conferma della perdurante incapacità del nostro Stato a garantire i diritti elementari dei reclusi in attesa di giudizio e in esecuzione di pena» (8 gennaio 2013).Le carceri italiane rappresentano un orrore anche sotto il profilo economico: costi altissimi (per strutture e personale, non per le persone detenute) a fronte di una recidiva pure altissima (circa il 70%) per chi sconta interamente la pena da internato senza usufruire di misure alternative.«Per questo – prosegue il documento del Consiglio Nazionale della CNGV - il 30 gennaio presenteremo, insieme ad altre organizzazioni, tre disegni di legge ad iniziativa popolare “Tre leggi per la giustizia e i diritti”:Legge 1: Contro la tortura.Legge 2: Per la legalità e il rispetto della Costituzione nelle carceri.Legge 3: Per la modifica alla legge sulle droghe».Pur avendo aderito alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura, l’Italia non ha una legge organica in materia: la tortura – procurare intenzionalmente sofferenza e dolore, fisico e psichico - offende la dignità umana, umilia e degrada l’altro in condizione di debolezza. I «trattamenti inumani e degradanti» inflitti agli internati (nelle carceri, ultima istituzione totale in essere nel mondo civile) non sono altro che tortura. Convivere in sei in una cella di undici metri quadrati, a prescindere dalle buone intenzioni e delle dichiarazioni rassicuranti dello staff cui le persone ristrette sono affidate, è tortura. Lo ha stabilito (ormai due volte, a vergogna dell’Italia) la Corte Europea di Strasburgo: ciascun detenuto ha diritto a non meno di tre metri quadrati di spazio nella propria cella, pur condivisa con altri (le bovine da latte ne hanno il doppio). Condizione che è inusuale in Italia: nella Casa circondariale di Lodi – come mostra un recente documentario girato all’interno delle mura di via Cagnola – i metri quadrati pro capite sono anche meno di due!Per questo le carceri italiane sono un luogo di illegalità: è illegale, infatti, da parte dello Stato, permettere che cittadini privati della facoltà di disporre di sé siano sottoposti a «trattamenti inumani e degradanti» e risultino privi delle condizioni minime per una vita dignitosa.Al sovraffollamento si può ragionevolmente ovviare anche attraverso la revisione di leggi “criminogene”, che hanno trasformato in reati comportamenti sanzionabili ma non necessariamente punibili con il carcere: la tossicodipendenza per prima. Sono infatti oltre un terzo del totale le persone detenute per reati connessi all’uso di sostanze stupefacenti: giovani uomini e donne che avrebbero bisogno di cure e terapie, non di celle e prigioni.Nel documento, infine, il Consiglio Nazionale della CNVG assume l’impegno di promuovere l’esercizio del voto per le persone ristrette: detenuti sì, ma prima di tutto cittadini, non solo responsabili di doveri ma anche titolari di diritti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA