I miei anni dal 1952 al 1962 li ho vissuti in Belgio come missionario degli emigranti italiani. Nel bacino minerario e siderurgico della periferia di Liegi erano confluiti migliaia di italiani per via della “vituperata” intesa fra governo italiano e governo belga. Per ogni italiani che fosse venuto a lavorare per l’estrazione del carbone dal fondo miniera, l’Italia avrebbe ricevuto un “tot” tonnellate di carbone. Dalle Alpi alla Sicilia affluirono migliaia di lavoratori. Ricordo che alla stazione ferroviaria di Liegi arrivava un treno ogni settimana di lavoratori italiani con documenti regolari per l’espatrio. Sull’interminabile corsia della stazione ferroviaria una impiegata del Consolato Italiano di Liegi (tale signorina Wilma Decio) li smistava dando l’indirizzo di vari “charbonages” (miniere) della Grande Liège, ossia nelle sue periferie brulicanti di ciminiere. Poco lontano dalla stazione c’è il punto di partenza e di arrivo della Liegi-Bastogne-Liegi, una competizione ciclistica di grande riscontro. Era un sabato pomeriggio e ci volli andare. Gino Bartali vinse la corsa. Fra la folla assiepata per l’arrivo dei corridori, con il vice console italiano riuscimmo ad arrivare al vincitore. Gino Bartali, quando vide un prete, venne un poco incontro. Mi congratulai per la sua vittoria e gli feci gli auguri anche della comunità della missione cattolica italiana di Seraing. Bartali disse poche parole: “Porti i miei fiori alla chiesa degli italiani che qui faticano. Grazie”. La mattina dopo, domenica, nelle comunicazioni dopo il Vangelo, informai i fedeli del dono dei fiori di Bartali per la nostra Madonna di Banneux, Vergine dei poveri, Regina di tutte le nazioni. La notizia si diffuse nella disseminata comunità italiana. Nel pomeriggio fu un andirivieni alla chiesa della missione per vedere i fiori di Bartali.Mi ha fatto piacere e ricordo sempre l’incontro con un grande campione. E’ di questi giorni la notizia che la Vaschem (memoriale israeliano dell’olocausto) ha conferito proprio a Gino Bartali il grande riconoscimento, proclamandolo “Giusto fra le nazioni”. Queste le motivazioni: “Gino Bartali, cattolico devoto, ha fatto parte di una rete di salvataggio di ebrei, il cui leader erano il rabbino di Firenze Nathan Cassuto e l’arcivescovo di Firenze, il Cardinale Elia Dalla Costa. Questa rete ebraico-cristiana messa in piedi a seguito della occupazione tedesca in Italia e all’avvio degli ebrei nei campi di concentramento, ha salvato centinaia di ebrei locali e rifugiati”. “Tra il 1943 e il 1944 Bartali collaborò anche con Giorgio Nissim, ragioniere ebreo di Pisa, con il quale costruì una rete clandestina fra Genova e Firenze, evitando controlli grazie alla… sua bici, ma anche alla sua notorietà”. L’attuale arcivescovo di Firenze, Cardinale Betori, ha scritto: “Uomo di fede profonda, militante dell’Azione Cattolica e Terziario Carmelitano, il suo nome verrà ora scolpito accanto a quello del Cardinale Elia Dalla Costa, con il quale contribuì a salvare decine e decine di ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio”.Ora mi avvedo che all’arrivo degli atleti della Liegi-Bastogne-Liegi ho salutato non solo un campione del ciclismo, ma anche un campione della fede.
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