La notizia è stata battuta dalle agenzie il giorno prima dell’Epifania, ma soprattutto il giorno in cui in praticamente tutta Italia cominciavano i saldi. Macy’s, storica catena di grandi magazzini negli Usa, ha annunciato il taglio di 6.200 posti di lavoro nei primi mesi del 2017, ma il totale dei licenziamenti rischia di superare quota 10mila in vista della chiusura di una serie di punti vendita. A innescare i licenziamenti sono stati i risultati “molto deludenti” delle vendite nel periodo natalizio che hanno costretto il gruppo a tagliare le stime sugli utili del 2016 e a varare una drastica riorganizzazione per ridurre i costi. Negli stessi giorni Amazon, il gigante dell’ecommerce, ha dichiarato di aver appena chiuso “la stagione di vendite natalizie migliore di sempre”. Come spiega efficacemente “Il Sole 24 Ore”, secondo l’ultima rilevazione del Pew Research Center sugli atteggiamenti d’acquisto degli americani, per otto cittadini Usa su dieci lo shopping ormai è solo online. I numeri sono notevoli: laddove nel 2000 gli acquirenti in rete erano il 22% della popolazione, oggi il 79% ha fatto almeno un acquisto online di qualsiasi tipo, il 51% lo ha fatto attraverso un dispositivo mobile e il 15% ha scelto dopo aver cercato consigli sui social network. Ciò che incide nella modalità di acquisto è sicuramente il prezzo: a parità di condizioni, in un grande magazzino o su un sito di ecommerce, si è portati a prediligere la soluzione più conveniente. Ed è indubbio che il sito salta tutta una serie di “fattori umani” che incidono nella composizione finale del prezzo. Il problema è che è proprio la componente non virtuale che resta vittima della soluzione più economica, perché alla fine a pagare il prezzo più alto, senza giochi di parole, sono gli effetti letali sull’occupazione. E in Italia? A dare retta alle stime degli Osservatori del Politecnico di Milano (fonte “Il Sole24Ore”) anche nel nostro Paese assistiamo a una crescita esponenziale del fenomeno: gli acquisti online nei mesi di novembre e dicembre valgono oltre 4,5 miliardi di euro, quasi un quarto del valore dell’ecommerce annuo, con una crescita del 18% rispetto all’anno precedente.
Del resto, è così facile: le nostre caselle di posta elettronica sono subissate di mail in cui le nostre marche preferite, dopo aver raccolto i nostri dati nel negozio fisico in cui abbiamo fatto acquisti, ci propongono di cliccare sul sito e approfittare delle incredibili offerte online. C’è una sorta di schizofrenia tale per cui le case prima ci fidelizzano con negozi stupendi, addette gentilissime e disponibilità illimitata (in molti posti offrono anche il caffè) e poi spingono a bypassare tutto questo con un semplice clic. Certo, si dirà, nessuno impedisce di usare il sito come vetrina e poi andare a scegliere e comprare nel negozio. In realtà basta scambiare due chiacchiere con amareggiate commesse per scoprire che avviene esattamente l’opposto: le clienti arrivano, provano, riprovano, confrontano e poi salutano e vanno a comprare il capo preferito online. Una tattica perfetta che unisce i vantaggi di un acquisto fatto sul divano (anzi, dal divano) con quei sostanziali e impareggiabili benefici che il web non sa e non potrà mai avere: la prova fisica dell’oggetto del desiderio, il consiglio dell’addetta alle vendite e il complimento rincuorante sulla perfetta vestibilità. Mentre gli uomini si orientano sull’online per praticità (il cavo della misura giusta, i giocattoli introvabili, i libri in confezioni da sei), per molte donne la scelta del pc è qualcosa che ha a che fare con la compulsività. Si può comprare di tutto, a qualunque ora e in qualunque momento, che faccia troppo freddo o che si sia a letto con l’influenza, che sia un momento di noia o che si abbia appena ricevuto la pubblicità di un’offerta imperdibile. Quello che conta è che costi poco, sia immediatamente disponibile (taglia, colore, modello) e che possibilmente sia di marca. Tanto il corriere consegna dove si vuole e riprende quel che non va (la restituzione è gratis) e la carta di credito contabilizza solo il mese prossimo. Il web questo lo sa benissimo, per questo prospera. Chi ha scritto “est modus in rebus” non aveva una connessione internet.
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