Il triangolo Crema-Lodi-Cremona

Caro direttore, voglio portare alcune riflessioni sul sempre rinnovato tema del futuro del nostro territorio, peraltro mai come di questi tempi di tanto pressante, quasi drammatica, attualità.Il mio contributo consiste in una serie di considerazioni generali ed in due proposte concrete, perché non mi sembra il momento di perdersi in enunciazioni solo teoriche.1) Il Lodigiano; anche se siamo unici, non ci salviamo da soli.Apparentemente sembrano due affermazioni contraddittorie, ma valgono da sempre ed ovunque. L’Europa, a monte della formazione degli stati nazionali ed a maggior ragione a monte di “eurolandia”, si articola in un grande insieme di “piccole patrie”: Queste sono cementate non solo da caratteristiche storiche, geografiche ed economiche simili, ma soprattutto da modi di pensare, da comportamenti, da regole morali, che discendono da un comune sentire. E’ assurdo, in nome di contingenti esigenze di bilancio o politiche che probabilmente fra pochi anni saranno del tutto differenti, pensare di cancellare le “piccole patrie”, creando a tavolino nuove articolazioni amministrative, che non si basino sulla storia e sulla geografia dei singoli piccoli territori.Anzi, uno dei fattori della crisi attuale, a mio giudizio, sta proprio nella perdita del senso di appartenenza alla propria comunità. Chi è stato abituato, in nome della carriera, del successo, della ricchezza, a vivere ovunque nel mondo, non vedrà altri valori che non “la carriera, il successo, la ricchezza” ed in nome di questi sarà propenso a passare sopra ad ogni altra istanza ed esigenza. I danni della globalizzazione e del mercantilismo esasperato derivano proprio da tali comportamenti, non dal fatto che tutto il mondo voglia partecipare con pari dignità al proprio sviluppo economico. Il senso di appartenenza ad un territorio è un fattore positivo, perché insito nell’animo dell’uomo da sempre nel corso dei secoli, e positivo lo può essere ancora, se sollecitato nei giusti termini.Del resto stati ad organizzazione federale e dotati di amplissime forme di decentramento amministrativo (Germania, Austria, Svizzera) non a caso sono anche in possesso di economie fra le più floride ed equilibrate.Tuttavia, proprio perché tutte le “piccole patrie” hanno pari dignità e pari diritti di affermarsi, occorre che esse imparino a coesistere fra loro ed a mettere in gioco le loro peculiarità in un quadro globale. Pertanto autonomia sì, ma affiancata da senso di responsabilità verso il resto del mondo, in un quadro di reciproci diritti e doveri. Anche per i territori dovrebbe valere la famosa esortazione del presidente Kennedy: “Non chiederti cosa la comunità debba fare per te, ma ciò che tu puoi fare per la comunità”. Far valere i propri diritti ed anche offrire al mondo i propri servizi non è, però, così facile. Al di sotto di una consistente soglia dimensionale, si conta poco e si rischia di essere messi in un angolo.Di qui, a mio parere, l’assurdità e la miopia del “piccolo è bello”, dell’economia “a chilometri zero”, della mitizzazione del passato. Posizioni destinate a portare un territorio alla morte per asfissia, non solo economica, ma anche sociale e culturale; posizioni che, anche se non vogliono ammetterlo, si fondano solo sul tacito sfruttamento dei territori contermini, a cui sarà demandato il compito di accollarsi tutti gli oneri funzionali ed ambientali, che si vuole fingere non debbano esistere. Sussiste, chiaramente, anche un limite economico, che impone una dimensione minima sotto la quale il decentramento diviene troppo costoso, per il proliferare di strutture, non supportate da un’utenza numericamente sufficiente a giustificarle.Ed arriviamo al punto nodale della questione. Come il Lodigiano (territorio piccolo sia per numero di abitanti, sia per estensione), in un momento di risorse decrescenti, può mantenere le proprie peculiarità, tuttavia inserendosi, senza ristretti particolarismi, in un quadro generale nazionale, europeo, mondiale?Innanzitutto non è un problema solo nostro. Se si decidesse, a livello politico centrale, che il limite minimo per la sussistenza di un organismo di tipo provinciale debba essere di 500.000 abitanti, sarebbero 70 in tutta Italia le province che devono trovare una ristrutturazione, di cui 4 in Lombardia. Se il limite scendesse a 300.000 abitanti le province italiane sarebbero pur sempre 36 (fra cui ad esempio Trieste e Piacenza!), di cui 2 in Lombardia. È chiaro, quindi, che il problema non si risolve, semplicisticamente, sopprimendo tali province ed accorpandole ad altre, ma occorre almeno un minimo di riorganizzazione funzionale e territoriale. Pertanto una prima considerazione: a fronte della ventilata ipotesi di soppressione della provincia, il Lodigiano (come del resto tutti gli altri territori) deve battersi, da subito, perché gli sia comunque garantito di decidere sulle scelte fondamentali di ordine sociale, economico e di assetto fisico – spaziale e di valorizzare le proprie risorse. Riduciamo pure al minimo la pletora di enti, poltrone, cariche, consigli, assemblee, aziende speciali; ma un organismo di espressione delle volontà comuni del territorio deve mantenersi. In questa ottica, mi sembra che la più funzionale delle ipotesi sia quella di un ente sovracomunale (chiamiamolo pure provincia CCL), che riunisca le realtà di Crema – Cremona – Lodi. Tale aggregazione comprenderebbe, fin da ora, circa 590.000 abitanti. Parecchie sono le caratteristiche comuni: dall’ambiente (verde, fiumi), all’economia (grande ruolo dell’agricoltura, piccole industrie, artigianato), alle città d’arte, all’ubicazione baricentrica rispetto all’Italia settentrionale. Comuni sono anche alcuni obiettivi che i territori si propongono: rafforzamento del turismo “dolce”, facoltà universitarie e centri di ricerca, salvaguardia ambientale, rinnovamento dell’agricoltura e della zootecnia, recupero di un grande patrimonio edilizio preesistente, spesso anche di rilevante qualità, potenziamento dei collegamenti reciproci e con Milano.Non si tratta di passare tutti in provincia di Cremona; quello che individuo è un nuovo ente, che, anche se gestito da un unico organismo politico e burocratico - amministrativo, per statuto promuova a livello paritario lo sviluppo delle tre entità territoriali, sia in forma accentrata, sia in forma decentrata, in funzione dei temi sul tappeto.Un ente, comunque, che per la sua dimensione ed omogeneità faccia emergere, in ambito regionale, nazionale ed europeo le istanze e le potenzialità della Lombardia collocata fra il Sud Milano e il Po. Del resto questa è una delle proposte del Piano Territoriale Regionale, che individua fra le polarità emergenti, nel cui ambito articolare il futuro regionale, il “Triangolo Lodi-Crema-Cremona”.Una maggiore collaborazione fra le realtà di Crema e Lodi è stata anche fra le prime proposte formulate dal neo sindaco di Crema; idea che mi pare debba essere accolta con molta attenzione e che si inserisce nel medesimo filone concettuale.Ed ecco qui di seguito due proposte concrete, che vogliono tradurre in pratica le considerazioni generali sopra formulate, soprattutto nel delicato quadro di “diritti – doveri” propri del nostro territorio, e con l’obiettivo di contribuire ad un relativamente rapido superamento della critica depressione economica attuale._____

1 - continua - Essendo molto ampio l’intervento trasmessoci dall’ingegner Moro, l’abbiamo suddiviso in tre parti. Le altre due appariranno sul Cittadino di lunedì 28 e di martedì 29 maggio.

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