Se c’è qualcosa che mi fa arrabbiare è l’atteggiamento di rinuncia di certi insegnanti che di fronte alle difficoltà, sia pure di un certo peso, preferiscono gettare la spugna piuttosto che assumere una netta posizione e far sentire la propria voce. Attenzione però. Far sentire la propria voce non vuol dire ostentare superiorità al punto da sfociare nella presunzione che è poi il passaggio obbligato che porta all’arroganza, alla prepotenza, all’incomprensione. Un simile comportamento umano alza i muri e crea ostacoli di relazione. E’ così che nasce quella strana voglia di lasciare, di mollare, di trovare altrove quelle motivazioni perse a scuola. Sta accadendo in Inghilterra dove il 70% circa degli insegnanti, stando a un’indagine condotta a livello nazionale, è pronta a lasciare l’insegnamento per un’altra occupazione. Alla base di questa drastica decisione c’è una forte delusione, conseguenza di una scarsa considerazione sociale, di un basso livello retributivo e soprattutto di una drammatica perdita di autorevolezza ormai non più riconosciuta sia dai genitori che dagli alunni. E’ proprio il caso di dire che tutto il mondo è paese. Le medesime ragioni, infatti, troviamo alla base di una tremenda delusione dei nostri insegnanti. Anche da noi la classe docente vive un periodo certamente non florido sotto ogni punto di vista. A preoccupare è soprattutto la crisi educativa che oggi attraversa la nostra società. E’ noto a tutti che è aumentato a dismisura il livello di aggressività dei ragazzi nei confronti degli insegnanti. La cronaca consegna quotidianamente alla nostra riflessione episodi che non hanno nulla di edificante. Ragazzini di scuola media o comunque poco più che quindicenni si sentono legittimati a minacciare, a insultare e persino ad aggredire gli insegnanti che hanno la sola colpa di fare il proprio dovere, di pretendere quello che da un alunno si deve pretendere: lo studio. Del resto perché scandalizzarci. Il Parlamento docet. Ai nostri parlamentari non scappa occasione per darsele di santa ragione a fatti e a parole. E’ sufficiente, per questo, ricordare le frequenti risse tra deputati e tra senatori trasmesse senza veli in televisione. Immagini impietose che sviliscono il significato di confronto democratico, fino a trasformare il nostro Parlamento in un luogo “ubi ratio violenta, perpetra iniurias” (dove la ragione violenta, commette ingiustizie). E perché la scuola deve essere da meno? In un istituto di Vasto, ad esempio, un alunno di soli dodici anni si è permesso di insultare pesantemente in corridoio davanti a tanti testimoni il proprio insegnante che affidatosi al suo proverbiale self control non ha minimamente reagito, lasciando l’iniziativa di chiamare i carabinieri prima che dalle minacce l’indomabile imberbe passasse ai fatti. Della sua azione ne risponderanno i genitori che, per quanto è dato sapere, sono pronti a scendere in campo in difesa del proprio pargoletto. Come si può intuire un simile atteggiamento finisce col compromettere i rapporti con i genitori oltre che con gli alunni. Senza esagerare direi persino con le istituzioni giuridiche. E’ il caso di ricordare quanto accaduto in un Liceo delle Scienze Umane di Roma dove alcuni docenti e il preside sono finti sotto indagine da parte delle procura per non aver dato peso a un episodio di bullismo che il consiglio di classe ha giudicato episodico e quindi non sanzionabile mentre il giudice, a seguito delle denuncia presentata dai genitori della presunta vittima, ha ritenuto l’episodio alla stregua di omissione di atti d’ufficio. Ora inizia il calvario dei docenti e del preside. Conoscendo la lentezza della nostra giustizia ritengo di non esagerare se dicessi che per i prossimi anni quei poveri docenti e il mio collega della scuola romana hanno di che occupare tempo e denaro a difendersi dalle ingiuste accuse ricevute. Sono brutti segnali che facilmente sfociano in un degrado collettivo dei rapporti. Questo vale per tutti. La professionalità docente, in generale, senza fare di ogni erba un fascio, è messa a dura prova anche da parte di certi docenti come il professore di Storia e Filosofia del Liceo Scientifico “Galilei” di Ancona dal discutibile passato, tenuto nascosto ai più, ma portato alla luce dagli stessi ragazzi trasformatisi, in questa occasione, in abili detective digitalizzati. Si tratta di un docente già condannato per violenza sessuale e stalking, ma che non risultava dalla documentazione consegnata agli atti della scuola. Sono brutte storie che non giovano a nessuno, men che meno a restituire agli insegnanti quella meritevole considerazione sociale per tanto tempo, nel passato, riconosciuta e che oggi è fortemente compromessa. Dicono che in Giappone le uniche persone esentate dall’obbligo di inchinarsi davanti all’imperatore siano gli insegnanti e questo proprio in virtù del fatto che senza una riconosciuta autorevolezza dell’insegnante non ci può mai essere un imperatore. Noi non abbiamo l’imperatore, ma siamo la patria del diritto, della giustizia, siamo considerati una parte della culla della civiltà ellenica e tutto questo non può essere distrutto dagli atteggiamenti di chi crede nella sfrontatezza come metodo di relazione. Gli adulti hanno delle grosse responsabilità in tutto questo. I genitori sono i primi ad essere chiamati a rispondere del livello di degrado morale e comportamentale dei propri figli. Ragazzini che arrivano a provocare con insulti e minacce un docente in classe non può che portarmi a un’unica amara riflessione: non è sconfitto il docente, ad essere sconfitta è l’educazione; non è il censurabile comportamento del ragazzino a farmi riflettere, quanto l’incapacità di chi gli vive accanto a insegnare le più elementari regole di vita. Quando Diogene viene colpito da un sasso mentre chino è impegnato a bere con le mani un sorso d’acqua nel ruscello, a preoccuparlo non è lo sfacciato fanciullo, quanto il maestro a cui replica con un ceffone. La sua colpa? Non avergli insegnato l’educazione. E a chi gli chiedeva cosa fosse per lui l’educazione soleva dire che: «l’educazione per i giovani, è temperanza; per gli anziani, consolazione, per i poveri, ricchezza; per i ricchi, compostezza». Dunque cerchiamo di imparare qualcosa da questi grandi uomini del passato. Cerchiamo di insegnare educazione e rispetto come valori non negoziabili.
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