La catastrofe che è insita nella denatalità

Giovedì 29 maggio tutti i giornali danno conto della situazione italiana, pubblicando i dati forniti dall’Istat. Una fotografia dell’Italia riferita all’anno 2013. Fra tanti, un aspetto ha colpito tutti ed è la caduta della natalità. Mi è parso subito che su questo punto i nostri giornali, ed i mass-media in genere, dovrebbero battersi il petto riconoscendo il proprio peccato. Sono infatti 30 anni che l’andamento demografico del nostro paese é negativo e non da ora, senza alcun dibattito rilevante.E’ per questo che l’Italia è diventata uno dei paesi più vecchi del mondo. Rapporto percentuale: sono 152 le persone italiane che hanno più di 65 anni, sono meno di 100 quelle al di sotto di 15 anni. Un dato che l’opinione pubblica forse conosce ma è disinformata sui problemi che esso comporta. Quando venne in primo piano la legge Fornero, con i riferimenti alle “pensioni”, pochi hanno richiamato le problematiche fondamentali dell’invecchiamento, con il generale declino che esso comporta. Ecco poi-che proprio il 29 maggio la Camera dei Deputati ha approvato in prima lettura la Legge sul “divorzio breve”.In tanti Comuni (ed anche a Lodi) si cerca di introdurre quel “registro” sulle “unioni civili”. Un “registro” i cui contenuti non sono dichiarati per ciò che si riferisce ai diritti e doveri delle persone unite. Ciò che è più declamato è la possibilità di consentire con esso i primi passi alle unioni omosessuali, per arrivare a legalizzare il loro “matrimonio”. Tutto questo va a declassare il pensiero e gli impegni a favore della famiglia, ed è la causa prima della denatalità.Su queste pagine il sottoscritto è tornato tante volte sulla necessità di sostenere, con grande forza, la famiglia, specialmente la famiglia con figli. E non tanto per motivi religiosi, ma per ragioni umano-razionali; e, tra esse in primis per contrastare la decennale caduta delle nascite. Fino a qualche tempo fa la venuta tra noi degli “stranieri” ne aveva attenuato le conseguenze. Con la crisi economica sono rimpatriati non pochi. Un certo numero ha cercato lavoro in Germania e nel Nord-Europa. Il che ha fatto esplodere il fenomeno: mancanza di figli. Vogliamo fare azione per frenarlo e per invertire la tendenza? E’ possibile?Bisogna partire prima sul piano socio-culturale. E cioè porre e far valere in tutti gli ambiti gli apprezzamenti per il matrimonio uomo-donna, per la famiglia che nasce dal patto di un amore forte e stabile, per la fecondità nuziale… Ciò non significa disprezzo per le unioni differenti. E’ solo un voler andare incontro alle primarie necessità di un popolo!E all’apprezzamento dovrà aggiungersi una serie di sostegni di carattere economico e sociale. Gli “assegni” per i figli, il sostegno alle lavoratrici in maternità, gli asili nido… Sono le prime iniziative da mettere in campo. Se si vuole evitare la catastrofe insita nella denatalità. Catastrofe ben più grave della crisi economica di questi anni…

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