L’ingegner Carlo Filippo Moro ha indirizzato al direttore del Cittadino alcune riflessioni sul dibattito in corso, legato al futuro del nostro territorio, mai come di questi tempi pressante, quasi di drammatica attualità. Come annunciato, pubblichiamo la seconda parte del suo intervento.L’intervista del 19 aprile al cav. Chiapparoli (importante operatore del settore) ha riportato di attualità, in tutta la sua rilevanza economica ed anche in tutti i suoi aspetti positivi e negativi, il tema della logistica. Tema che, con troppa superficialità, molti rifiutano a priori, evidenziandone solo le conseguenze non positive: tanto traffico, tanto consumo di suolo, scarso impiego di manodopera soprattutto qualificata.Anche a costo di apparire impopolari, il tema deve, invece, essere approfondito con maggiore riflessione.Innanzitutto cosa è la logistica? Un tempo l’industria faceva tutto al proprio interno: produzione, confezionamento, immagazzinaggio, trasporto a destinazione, controlli amministrativi connessi. Attualmente non è più così; a partire dalla produzione stessa, moltissime fasi del ciclo industriale sono “esternalizzate”, ossia trasferite ad operatori esterni specializzati. In particolare il confezionamento, l’immagazzinaggio, il trasporto, le diverse movimentazioni ed i connessi servizi amministrativi compongono il complesso e diversificato mondo della “logistica”.Ne scaturiscono alcune considerazioni:- la logistica è un’attività industriale, o meglio è una parte molto rilevante del ciclo industriale;- la logistica non è affatto la porzione meno “nobile” del ciclo industriale; anzi in un processo che affida all’automazione molta dell’attività produttiva del manufatto, si va sempre maggiormente caratterizzando come la fase che occuperà più manodopera e che, per alcuni aspetti, necessiterà ancora dell’intervento qualificato e “creativo” dell’uomo (si pensi soltanto al confezionamento ed alla movimentazione delle merci);- la logistica non può essere più di tanto delocalizzata, perché il prodotto potrà anche essere (a torto o a ragione) fabbricato in paesi “lontani” a basso costo di manodopera, ma dovrà essere poi trasferito, confezionato, “personalizzato”, collocato presso i consumatori, che risiedono prevalentemente in aree “vicine”; e questo è certamente lo scenario tipico dell’Europa attuale;- la gravissima congiuntura economica richiede risposte concrete ed urgenti; che si possa essere entusiasti o scettici circa nuovi, diversi modelli di sviluppo, non ci si può nascondere che questi potrebbero entrare a regime ed offrire opportunità di occupazione, non soltanto di nicchia, solo in tempi non brevi; ciò non significa, ovviamente, che gli approfondimenti in questo settore debbano essere accantonati; né che ogni attuale intervento, qualunque esso sia, non debba minimizzare i propri impatti negativi; soltanto che, a fronte di una necessità immediata e drammatica di creare nuove opportunità di lavoro, bisognerebbe andare molto cauti, prima di rifiutare offerte concrete, che con un po’ più di attenzione potrebbero essere ricondotte in un quadro generale di assetto territoriale soddisfacente. E veniamo al nostro territorio:- il Lodigiano è, grosso modo, il baricentro dell’Italia settentrionale; il Lodigiano è, grosso modo, all’intersezione delle grandi vie italiane di comunicazione nord-sud ed est-ovest; il Lodigiano è servito da una rete autostradale e ferroviaria fra le più efficienti del nostro paese;- se fra la vocazione di un territorio consideriamo anche collocazione geografica, morfologia, dotazioni infrastrutturali, non vi è dubbio che il trasporto di uomini e di merci e le strutture di servizio connesse rientrano da secoli (da Sigerico, a Mozart, all’alta velocità ferroviaria) in questa vocazione;- certamente la logistica comporta degli elementi di criticità; si tratta di individuare delle localizzazioni e delle modalità di insediamento che minimizzino queste conseguenze negative.Senza entrare in dettagli specialistici, mi pare che nel Lodigiano tutte le zone adiacenti ai caselli autostradali ed ai raccordi ferroviari esistenti, purché dotate di terreni già compromessi sotto il profilo agricolo, purché non a contatto con centri residenziali, meglio ancora se già edificate con immobili produttivi dismessi o non utilizzati, possano divenire sede per insediamenti logistici, magari con alcuni interventi correttivi. Fra questi interventi, ad esempio, perché non pensare di utilizzare, nelle ore notturne, la ferrovia ad alta velocità per il trasporto delle merci, affiancandola con scali ferroviari ed interscambi strada-rotaia in corrispondenza dei caselli autostradali?Oppure, se vogliamo occuparci della sole città di Lodi, di Codogno, di Casalpusterlengo, perché non prolungare l’esistente raccordo ferroviario dalla zona del Sandone fino all’area industriale di San Grato, dove esistono migliaia di metri quadrati di capannoni nuovi, in attesa di improbabili utilizzatori produttivi? Oppure perché non utilizzare come polo logistico le vaste aree dismesse dai serbatoi di gasolio della centrale termoelettrica, da sempre collegate con un raccordo ferroviario alla stazione di Tavazzano? Oppure, infine, anticipando la visione della provincia unitaria Cremona – Crema – Lodi, perché non coinvolgere il Lodigiano nel progettato centro intermodale di Pizzighettone, al termine dell’esistente canale navigabile, collegandolo vie strada e ferrovia alla stazione di Codogno ed al casello autostradale di Casalpusterlengo?A monte di tutto, comunque, occorrerebbe che, finalmente, decollasse nel settore produttivo una concreta attività di pianificazione urbanistica, di promozione territoriale, di recupero e valorizzazione delle strutture preesistenti, che non può che essere accentrata in un unico organismo decisionale, superiore sia alle logiche settoriali dei singoli comuni, sia alle sole iniziative dei privati, inevitabilmente prive di una visione generale e coordinata. Organismo, comunque, teso in via prioritaria a favorire, con immediatezza, concrete occasioni di lavoro; perché, in attesa di un futuro magari anche perfetto, il Lodigiano nei prossimi anni potrebbe anche morire, come ci ricordano quasi quotidianamente, nel loro concreto realismo, sia i sindacati, che le associazioni produttive.
2 - continua. La prima parte del corposo intervento dell’ingegner Moro è apparsa in prima pagina sul «Cittadino» di sabato 26 maggio, la terza e ultima parte sarà pubblicata domani, martedì 29 maggio.
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