Al di là dei dati relativi a chi ha vinto e chi ha perso le elezioni regionali in Sicilia, un dato si afferma netto sopra gli altri: l’alta percentuale degli astenuti. Se nella tornata precedente circa due siciliani su tre erano andati alle urne, stavolta a votare è stata meno della metà della popolazione degli aventi diritto. Fra le probabili motivazioni di questa rinuncia alla partecipazione democratica, una si gioca senz’altro sul versante della comunicazione e del linguaggio. Da un lato, ci sono i partiti, i movimenti e le nuove aggregazioni trasversali, che verbalmente se le danno di santa ragione. Dall’altro, c’è la massa dei cittadini-elettori, che non vuole fare troppa fatica per informarsi su proposte, programmi e contenuti oggetto del confronto politico. E non sempre i mezzi di comunicazione aiutano a colmare la distanza creatasi fra questi due diversi mondi. Se quasi un anno fa l’insediamento del Governo di Mario Monti era avvenuto all’insegna di una sobrietà comunicativa che aveva distinto i toni bassi del nuovo esecutivo dai frequenti eccessi verbali di chi l’aveva preceduto, con il passare dei mesi non sono stati pochi i ministri che hanno acquisito progressiva confidenza con le “esternazioni”, non sempre a tema e spesso addirittura fuori luogo.
In parallelo, i leader delle varie forze politiche in campo hanno progressivamente riconquistato voce e spazio sulle testate giornalistiche, spinti dall’avvicinarsi della scadenza elettorale della primavera 2013 e dalle attitudini spettacolari di personaggi come Beppe Grillo – fondatore del Movimento 5 Stelle – e Matteo Renzi, sfidante di Pierluigi Bersani alle primarie del Pd. Il crescendo dei toni ha raggiunto il suo apice nelle ultime settimane, la campagna elettorale in Sicilia, la caduta della Giunta di Roberto Formigoni in Lombardia, l’annuncio di un ritiro e subito dopo della nuova discesa in campo da parte di Silvio Berlusconi, il tam-tam interno ed esterno agli schieramenti in vista delle scadenze elettorali.
Il primo appuntamento utile per avere una cartina tornasole della partecipazione dei cittadini erano proprio le elezioni regionali siciliane, che hanno visto una campagna elettorale all’insegna più del “regolamento dei conti” interni fra le varie forze in campo che di una effettiva volontà di spiegare agli elettori i contenuti delle proposte amministrative e dei programmi elettorali.
Anche lo scenario lombardo e quello nazionale attirano telecamere e riflettori, con quotidiane polemiche che le testate informative e i media riportano esaltando i toni degli scontri, le contrapposizioni, le rivendicazioni di potere e di parola dell’uno o dell’altro leader. Molta parte del dibattito attualmente in corso si concentra sulla scelta dei possibili candidati alla guida rispettivamente della regione Lombardia e del futuro Governo italiano e anche su questo versante le contrapposizioni sono continue.
Tanto le liti mediatiche quanto le tradizionali rincorse al “toto-nomi” sono evidentemente ritenute appetibili da parte dell’attenzione popolare, ma se il riscontro a questo stile comunicativo provoca una crescente quota di astensione alle urne, probabilmente non è questa la via migliore per avvicinare l’interesse dei cittadini ai contenuti e ai discorsi della politica.
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