Tutto si può dire tranne che la scuola in questi giorni stia rubando la scena sui mass-media. I titoli di apertura dei servizi televisivi, le prime pagine dei giornali hanno di che occuparsi: la manovra finanziaria. E fin qui, vista la situazione, niente di strano. Ma la perplessità nasce dal fatto che l’apertura di un nuovo anno scolastico è accompagnata da poche e morigerate notizie. Eppure di problemi ce ne sono. Il Ministro da parte sua ha assicurato che l’avvio dell’anno sarà regolare con tutti i docenti in cattedra e probabilmente ha ragione visto che le recenti immissioni in ruolo hanno contribuito ad assicurare la presenza di migliaia di insegnanti in cattedra sin dal primo giorno di scuola. Del resto non rimane che prendere atto dell’avvio consolidato dei processi riformatori del ciclo primario come pure delle superiori. Allora va tutto bene? Sembrerebbe di sì, eppure...Come da tradizione consolidata ogni anno puntualmente si presentano dei problemi, solo che questa volta da Cernobbio i preoccupati messia economici, criptici profeti di una manovra economica che strada facendo ha conosciuto pirotecniche evoluzioni, hanno rubato i riflettori e messo un velo davanti alla scuola che è così passata in secondo piano. Nonostante tutto questo bailamme messo in piazza da autorevoli personaggi di levatura anche internazionale, qualche notizia scolastica è trapelata. Sono in molti, ad esempio, a seguire la polemica sorta tra gli amministratori del comune di Milano e il Ministro Gelmini. Oggetto del contendere la scuola elementare di via Paravia dove il Ministro ha bloccato la formazione di una classe di 17 alunni di cui 15 stranieri. L’elevato numero di alunni stranieri finisce per far emergere due grossi problemi. Da una parte il rischio di dare il via libera a una classe ghetto che non favorirebbe una seria integrazione, dall’altra la certezza di andare contro una norma ben precisa che stabilisce un tetto massimo del 30% di presenza di alunni stranieri in una classe. Come conseguenza i bambini della scuola elementare di via Paravia sono stati distribuiti nelle scuole viciniori.Decisioni non accolte, ovviamente, dai genitori che considerano il blocco della classe un vero atto discriminatorio. Di qui l’annunciata iniziativa legale contro il Ministro Gelmini. Una nota di Viale Trastevere, però, chiarisce la posizione del Ministro: «Si conferma la volontà – si legge nella nota - di proseguire sulla strada dell’integrazione. Non si favorisce l’inserimento degli immigrati se si creano classi ghetto frequentate solo da alunni stranieri. Per questo motivo i bambini sono stati trasferiti nelle scuole vicine per essere inseriti in classi in cui possano interagire con i loro coetanei italiani». Nulla da eccepire. Ma non così per il sindaco di Milano Giuliano Pisapia che ritiene assurda l’iniziativa ministeriale dal momento che il problema dell’integrazione non si risolve con atti di discriminazione. Di qui l’invito alle famiglie del quartiere interessato a iscrivere i figli nella scuola elementare di Via Paravia al fine di superare ogni limite imposto e favorire così la soluzione del problema. Ora, come c’è da aspettarsi, con l’imminente avvio delle attività didattiche, il confronto continuerà a salire di tono. Lo vogliono non solo i genitori pronti ad aprire un fronte conflittuale con forti iniziative legali, ma anche gli amministratori locali che non rinunciano all’idea di trovare una soluzione utile e necessaria ad abbattere l’idea discriminante di bloccare una classe e di disperdere i bambini in diverse altre scuole del quartiere. Lontana dai riflettori dei mass media, ma non per questo di minor interesse, è, invece, la notizia di una interessante sperimentazione avviata in una scuola elementare del Lazio. Qui voglio parlare della scuola «eSpazia» che viene abbondantemente oscurata dai problemi economici e dagli indici di borsa. E invece «eSpazia», un esperimento didattico tutto italiano, meriterebbe una maggiore visibilità sulla scena mediatica. Del resto sono già una ventina le scuole di questo tipo, dalla rivoluzionaria metodologia didattica, sparse in tutta Italia. L’ultima, in ordine di apertura, è quella sorta a Monterotondo in Provincia di Roma. E in effetti a ben vedere siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione non solo di natura organizzativa, ma anche di natura pedagogica. Le classi non hanno banchi né cattedre, ma tavoli posizionati in modo tale da consentire un lavoro di gruppo dove nessuno è lasciato indietro. Niente zaini da riempire e da trasportare ogni giorno da casa a scuola e viceversa. Niente libri da comprare, ma il lavoro didattico si avvale del patrimonio librario presente nella biblioteca d’istituto. Grande spazio viene dato al sistema del «cooperative learning», ovvero del mutuo soccorso tra allievi per cui quando uno finisce il lavoro assegnato, si attiva per aiutare chi è in difficoltà. E’ la cosiddetta didattica inclusiva che consente di collaborare tutti insieme animati da un forte spirito di lavoro d’equipe. Naturalmente tutto ruota attorno ai programmi ministeriali che però vengono affrontati attraverso una rivoluzionaria metodologia che supera quella tradizionale fatta di lezioni frontali. Nemmeno la scioccante proposta avanzata dall’assessore regionale del Veneto, Remo Sernagiotto, ha fatto notizia. Eppure dati alla mano, il nostro assessore porterà sul tavolo del Ministro le sue ragioni da far valere per destatalizzare 379 scuole materne. Un micidiale piano di privatizzazione. Secondo i calcoli dell’assessore la trasformazione di queste scuole in scuole paritarie porterebbe nelle casse regionali un notevole risparmio. Per fortuna o per buon senso la proposta non ha trovato consenso nemmeno tra le stesse scuole paritarie che ritengono l’idea molto lontana dalla realtà. Come si vede tanti i problemi, ma la manovra prima di tutto. Allora mi permetto di dedicare un pensierino a un mio collega inglese, al secolo Paul Kelley, che si è affidato alle teoria neurologica dello «jet lag» o «mal di fuso» secondo cui per migliorare il rendimento scolastico è bene che i ragazzi evitino levatacce mattutine.E’ come dire che i ragazzi alle sette del mattino sono ancora in preda a uno stato di melatonina, cioè rintronati. Paul Kelley ha trovato una soluzione. Quale? Tutti a scuola a partire dalle dieci. Pare che funzioni. Quasi, quasi…
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