La sfida che a Lodi fa tremare i polsi

Premessa: non ho uno zio nella Corte dei Conti né tantomeno sono un esperto di finanza pubblica (ho fatto un esame all’università, un dignitoso 27, ma nulla di più). Tuttavia, nei pochi anni in cui ho avuto la possibilità di scrivere su Lodi, mi sono più volte interessato alla questione.La colpa - se così si può dire - è di un pezzo che scrissi per la Tribuna di Lodi, nel 2008 mi pare, in cui esprimevo tutte le mie perplessità di fronte alla prima ondata di immobili ceduti dal Comune di Lodi all’Astem, al fine di rispettare il Patto di Stabilità. Una vicenda che allora - con un Assessore in Giunta che apparteneva alla lista di diretta emanazione del Circolo e della Cooperativa editrici di quel giornale - mi ha creato non pochi problemi, prima fra tutte la strisciante accusa, bisbigliata a molte orecchie (mai le mie, in ogni caso) di fare fuocosegue a pagina28 di francesco cancellatodalla prima paginaLa sfida chea Lodi fa tremare i polsiamico alla coalizione che avevo sostenuto candidandomi a Consigliere Comunale nel 2005 e di essere una «quinta colonna» al soldo (già, al soldo, letteralmente) dell’opposizione. Chi mi conosce sa quanto sono testardo e permaloso: motivo in più, quindi, per continuare a occuparmi della vicenda e per continuare a fare casino. Un po’ ne ho fatto un cruccio personale, quindi. Cosa che, in un processo alle intenzioni, non deporrebbe a favore della mia onestà intellettuale (chissà cos’avrebbe detto di me José Mourinho)Non è solo questo, tuttavia: ai miei occhi di economista o pseudo-tale, vendere i propri gioielli di famiglia, in un periodo di crisi del settore immobiliare, ad un’azienda partecipata al 98,78% dal Comune stesso (peraltro spogliata contestualmente di ogni possibilità di generare reddito attraverso la cessione della gestione dell’acqua pubblica a Sal e dei rami energia e igiene ambientale a Linea Group holding) equivaleva a un genitore alla canna del gas che chiede i soldi al figlio disoccupato, offrendogli in cambio beni senza valore e lasciandolo in balia dei debiti.Ne avevo parlato, in seguito, con una conoscente che lavora a Roma, alla sede centrale all’ANCI, l’associazione nazionale dei comuni italiani. Infervorato, le avevo raccontato con dovizia di dettagli tutto il mio sdegno. Sorprendendomi non poco, mi aveva risposto che dovevo essere orgoglioso del mio Sindaco. Che rispettare il Patto di Stabilità era un dovere di ogni buon amministratore, costasse quel che costasse. Che vendere il patrimonio immobiliare era di fatto un obbligo. E che metterli al sicuro in un ente di proprietà del Comune era una scelta saggia, per evitare di svenderli in una fase di crisi. Ero uscito frastornato, da quel dialogo, ma allo stesso tempo, in qualche modo, sollevato. Del resto, pensavo, Lorenzo Guerini è uno di pochi politici che conosco - sono tre o quattro, tutti ex democristiani: mi sa che non è un caso - che sa quanto pesa una virgola anche solo guardandola. Inoltre, è pure Presidente dell’Anci regionale. Possibile si sia mosso senza essere conscio dei rischi cui andava incontro? No, mi sono risposto. Non era possibile.Per questo, le contestazioni mosse dalla Corte dei Conti sono state una specie di fulmine a ciel sereno anche per me, che pure su questi temi avevo picchiato duro. Navigando un po’ su internet mi sono imbattuto in numerose richieste di chiarimenti, del tutto analoghe a quelle ricevute del Comune di Lodi. Segnale, questo, di due chiare evidenze. La prima: che quella di alienare immobili alle società partecipate per rispettare il Patto di Stabilità era (ed è) una pratica ampiamente diffusa. La seconda: che alla Corte dei Conti questa pratica non va (più?) molto a genio e che difficilmente sarà tollerata in futuro.Sono due evidenze che in qualche modo si elidono a vicenda. Difficile che il Comune di Lodi non la passi liscia, a meno che la Corte dei Conti non abbia in animo di mandare in default buona parte delle amministrazioni comunali italiane. Allo stesso modo, fossi il Sindaco di Lodi, mi guarderei bene dal ripetere il giochino nei prossimi anni, che queste contestazioni suonano come un avvertimento. Qui, a mio modo, sta il cuore della questione. Se non si potranno più alienare beni immobili, sarà difficile rispettare il Patto di Stabilità, pur con gli allentamenti allo stesso promessi dal Governo Letta ed in particolare dal Ministro Delrio. Con ogni probabilità le forbici saranno uno strumento che tornerà molto di moda, nei prossimi anni. Anche in realtà come la nostra, che non solo non hanno disinvestito un euro nei servizi al cittadino, ma che anzi li hanno fatti crescere, pur in una fase di crisi, sia in quantità che in qualità. E’ una sfida da far tremare i polsi, insomma, quella che attende la prossima amministrazione. Impegnata sul fronte esterno a far valere i suoi diritti, le sue prerogative, le sue possibilità di sopravvivenza (con l’importante aiuto di Lorenzo Guerini in Commissione Finanze alla Camera dei Deputati). E sul fronte interno, a far digerire alla popolazione locale vacche più magre di quelle con cui era abituata a nutrirsi fino a ieri. Quando si diraderanno le nubi di polvere sollevate dalla battaglia, probabilmente avremo chiaro il destino di questa città. Detto in tutta sincerità: non so se sarà un bel guardare. Perlomeno, però, sapremo da dove ci toccherà ripartire.

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