Che al Ministero dell’Istruzione ci sia aria di cambiamento, lo hanno capito anche i sassi. Che l’On. Davide Faraone, da poco nominato sottosegretario all’Istruzione al posto di Roberto Reggi ora promosso al Demanio, sia un vulcano di idee, anche questo l’hanno capito gli addetti ai lavori. Sin dal suo insediamento al palazzo della Minerva, infatti, l’On. Faraone ha dimostrato con i fatti di voler dare una forte spinta all’aria di cambiamento che vive il cammino scolastico di questi tempi. E fin qui nulla di male. Anzi. Finalmente c’è un sottosegretario che non perde tempo o per dirla alla Renzi, «ha messo il turbo e va avanti con ritmo». Il problema se mai è un altro. Quali “primizie normative” offre a studenti, docenti e genitori il nostro Onorevole? E qui il dibattito si fa interessante. Come biglietto di presentazione hafatto arrabbiare presidi e docenti allorquando ha affermato che «le occupazioni sono formative» e questo in pieno periodo di tensioni in molti istituti occupati. Naturalmente, come c’era da aspettarsi, questo faraonico pensiero ha scatenato numerose reazioni negative. I presidi sono persino arrivati a promuovere una raccolta firme per mandare a casa il sottosegretario appena insediato. Anch’io ho posto al mia firma su quel documento diffuso on-line senza che nulla comunque sia accaduto. Il sottosegretario è ancora là sempre alla destra del Ministro Giannini. Che sia merito di Mario Capanna sceso in campo a difendere il sottosegretario? Chi è Mario Capanna? I meno giovani come me se lo ricordano sicuramente. E’ lo storico leader riconosciuto dal movimento studentesco degli anni sessanta/settanta. E’ la voce più radicale che ha rappresentato il valore e il significato delle occupazioni di quegli anni. E infatti da Capanna arriva la benedizione per l’On. Faraone: «E’ un sottosegretario giovane che per fortuna non si è dimenticato delle sue occupazioni grazie alle quali ha imparato tante cose». Avrà pure imparato tante cose, ma probabilmente non ha riflettuto sul valore e sul significato di legalità. Se sia stata una gaffe o una dichiarazione provocatoria finalizzata a smuovere l’attenzione dell’opinione pubblica sui problemi della scuola non è dato capire, sta di fatto che le sue dichiarazioni in tema di occupazioni hanno scatenato le ire di tutti tranne che degli studenti. Ovviamente. Passa appena un mese dall’insediamento che ci risiamo con un’altra dichiarazione ritenuta dai presidi e non solo, alquanto pepata. Questa volta l’’On. Faraone si fa paladino della valutazione dei docenti da parte degli studenti. E’ come dire che gli studenti potrebbero essere chiamati, a fine anno, ad esprimere un giudizio di merito sull’operato e sul comportamento dei propri insegnanti. Da questo giudizio di merito dipenderà la carriera di ogni singolo docente. Non so se anche questa sia da ritenere una provocazione o un anticipo di quello che sarà la «Buona Scuola» del domani. So di certo che una riforma scolastica fondata su queste basi non può che creare scompiglio e tensioni. Che sia questo lo sport preferito dall’On. Faraone? Come ritengo una boutade prenatalizia la dichiarazione sulle occupazioni, similmente ritengo quest’idea una bizzarria invernale messa in giro in pieno clima carnascialesco tanto da rischiare di perdere di efficacia. Io non so se l’On. Faraone abbia mai messo piede in una scuola come insegnante, dico solo che con queste idee è quasi impossibile parlare di «Buona Scuola». A meno che per «Buona Scuola» non s’intenda dare una certa legittimità alle occupazioni, dare un peso etico alle valutazioni dei docenti da parte degli studenti tanto da determinare per ciascun docente condizioni per avanzamenti di carriera, miglioramenti economici, passaggi professionali, allora il discorso cambia. Mi dispiace, ma non sono d’accordo. Condanno, come ho sempre fatto, le occupazioni messe in atto dagli studenti specie quelle che finiscono col devastare gli ambienti scolastici patrimonio della collettività. Ma non mi trovo d’accordo nemmeno sulla probabile possibilità di offrire agli studenti la delicata questione della valutazione professionale dei docenti. Il ruolo di uno studente in una scuola non è certo quello di valutare l’operato del proprio docente, ma è quello di seguirne le indicazioni didattiche ed educative deputate a creare condizioni favorevoli per una crescita umana e formativa dell’alunno. Capisco anche che a volte determinate circostanze richiedono ripensamenti sull’operato di qualche strano docente che in ogni scuola non manca mai. Ma un conto è segnalare, altro è entrare nel merito fino a determinare il futuro professionale di un insegnante. Lasciamo che questo venga svolto da chi è deputato ad esprimere giudizi, l’ispettore ministeriale, perché sollecitato a farli nel rispetto delle regole che la normativa mette a disposizione. Non confondiamo i ruoli. Già tanta confusione viene data in pasto ai nostri ragazzi chiamati a vivere il difficile percorso quotidiano della vita che deve fare i conti con la sofferta differenza tra reale e virtuale. Ci sono altri strumenti da ricercare che non quello di chiedere l’intervento diretto dei ragazzi atto a misurare la performance di un docente. Lo studente è chiamato a studiare, ad approfondire, a collaborare con i suoi docenti per trovare la strada a lui più consona nel rispetto delle sue specifiche capacità e abilità. Pensiamo per un attimo a cosa potrebbe accadere in una classe se fosse dato agli studenti lo strumento di valutazione di un docente. Innanzitutto penso che sia facile intuire ciò che farà il docente. Si accattiverà la benevolenza degli studenti con voti alti finalizzati a ottenere un buon giudizio valutativo sul proprio operato. E’ l’esercizio della cosiddetta «captatio benevolentiae» a cui ciascun docente potrebbe essere tentato di ricorrere pur di guadagnare un atteggiamento accondiscendente da parte dei propri allievi. Il rischio? Una “valutazione di scambio”. Io do un buon voto a te e tu dai un buon giudizio a me. E questo sarebbe una valutazione di merito? A me pare che sia più un gioco delle parti ovvero più un metodo oscuro tra pari che non un percorso finalizzato a dare qualità all’insegnamento. Eppure tutto questo meritava più prudenza. Secondo il filosofo tedesco Josef Pieper «sarà prudente soltanto colui che ama e vuole il bene, ma potrà fare il bene soltanto chi sarà prudente».
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