Dopo anni di timori per la copertura economica (e politica) del progetto e dopo due giorni di suspense, finalmente i primi due satelliti sono in orbita: Galileo si prepara ad essere acceso. L’Europa è pronta per l’indipendenza nella navigazione satellitare globale. Un risultato salutato con soddisfazione dalle autorità europee, dall’industria aerospaziale e dai molti ricercatori del Vecchio Continente che da anni lavoravano per questo obiettivo. Il suo nome ufficiale è Galileo Positioning System: è il progetto civile europeo nato come alternativa al Global Positioning System (Navstar Gps), controllato invece dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, ed oggi utilizzato da tutti i nostri navigatori satellitari. Il programma Galileo fu avviato ufficialmente il 26 maggio 2003, anche se già da diversi anni prima molti dei nostri migliori ricercatori erano attivi su un progetto di geo-posizionamento alternativo a quello a stelle e strisce. L’obiettivo dell’accordo tra Unione europea e l’Agenzia spaziale europea (Esa) è quello di realizzare un sistema rivolto principalmente al settore civile-commerciale mondiale per superare i limiti dello statunitense Gps: controllato dalla Difesa e sul quale il Dipartimento Usa si riserva il diritto di ridurre la copertura del segnale, la sua accuratezza o sospendere del tutto il servizio in qualunque momento (molti ricorderanno i blackout dei navigatori nelle ore di importanti missioni Nato o Usa come l’invasione dell’Iraq). Galileo dovrebbe entrare in servizio nel 2014, quando avrà in orbita, ad una quota di circa 24.000 km, 18 dei 30 satelliti complessivamente previsti, è sarà il sistema di posizionamento più avanzato e preciso di questo genere: avrà una precisione di 10 centimetri, contro i 10-20 metri del Gps. Galileo ha avuto, fin dall’inizio del progetto, una vita travagliata. Il costo complessivo dell’operazione è di 5 miliardi (entro il 2014) più un miliardo all’anno fino al 2020 per i costi di sviluppo e di mantenimento. Un investimento che ha messo in difficoltà le casse europee, ma soprattutto la politica: l’Europa si è presto ritrovata spaccata in due fronti, favorevoli (Italia e Francia) e scettici (Germania, Paesi Bassi e Inghilterra), e incalzata dalle pressioni Usa che premono perché il progetto non si realizzi. Il 21 ottobre, con il vettore russo Soyuz, sono stati messi in orbita i primi due satelliti: il lancio era previsto per il giorno prima, ma un’anomalia nel processo di rifornimento al vettore russo ha costretto l’Agenzia spaziale europea a ritardare il lancio di 24 ore. “Lo spazio – ha affermato il vicepresidente della Commissione Ue, Antonio Tajani, responsabile per il settore dei trasporti – è l’avanguardia della terza rivoluzione industriale, questo è un grande risultato per l’Ue”. “Un grande risultato per l’Europa”, come spiega Fabio Dovis, docente del corso di navigazione satellitare presso il Politecnico di Torino, “perché Galileo permetterà di avere servizi basati sulla posizione d’utente sempre più accurati con vantaggi non solo per le applicazioni legate ai trasporti, ma anche per la gestione della sicurezza personale, la sincronizzazione delle reti elettriche e di comunicazione, per le quali siamo a tutt’oggi dipendenti totalmente dal Gps gestito dal governo americano”.
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