Può uno Stato democratico dare garanzie preventive sul pronunciamento di un suo organo giurisdizionale? Che fine fa, in questo caso, la divisione dei poteri? Il Governo indiano si è accorto che la garanzia data all’Italia di non applicare la pena di morte nel processo che si terrà a carico dei due militari italiani, non poteva essere assicurata e per bocca del Ministro della Giustizia, l’ha smentita, per poi precisare che per i reati di cui sono accusati i nostri connazionali, non si applica la pena capitale. Un modo confusionario di gestione di questa “pratica”, che fa parte delle tante, e per certi versi insanabili, contraddizioni della democrazia indiana. Secondo l’edizione 2012 del Wealth Report, l’India sarà la potenza economica più grande al mondo entro il 2050, oltre che il Paese più popoloso. Questa previsione si basa da un lato sui dati della crescita del Paese nell’ultimo decennio e sul trend che si immagina per i prossimi tre anni - un Pil che aumenterà di 9-10 punti l’anno, superiore a quello della Cina - dall’altro sulle prospettive delle relazioni politiche con gli Stati Uniti, che in questo momento sembrano buone e porterebbero l’India addirittura a ricevere il sostegno americano per la sua candidatura al seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. A contrastare questa previsione, ci pensa chi tra gli analisti sottolinea i problemi interni della società indiana. Tra questi: l’ampia disponibilità di forza lavoro giovanile dovuta alla crescita demografica, che in prospettiva futura potrebbe costituire un forte motivo di preoccupazione; la mancanza di fonti energetiche proprie; le diseguaglianze sociali sempre più profonde; l’accentuarsi della povertà; l’ampliarsi dei divari regionali di un Paese così sterminato. Nell’ultimo anno, i giornali di tutto il mondo hanno dato grande risalto alle pratiche di stupro commessi da branchi di uomini. Lo scorso 19 marzo, il parlamento indiano ha approvato un progetto di legge che rafforza le sanzioni contro chi commette uno stupro. Analoghe norme restrittive e pene severe erano state approvate nel lontano 1994, con il Pre-Conception & Pre-Natal Diagnostic Techniques Act, la legge che rese illegale l’uso di esami volti a rivelare il sesso del feto, al fine di praticare l’infanticidio femminile. Nonostante questa legge, si stima che attualmente in India il numero degli uomini superi quello delle donne di quaranta milioni e questo in quanto circa 50mila feti femminili vengono sottoposti ad una interruzione di gravidanza ogni mese. Gli aborti vengono pianificati fino all’ottavo mese di gravidanza, con medici che accumulano fortune, adoperandosi per incrementare questo «grave male sociale», come l’ha definito Pascoal Carvalho, membro della Pontificia accademia per la vita, ad AsiaNews, «in parte legato - ha aggiunto - a ragioni culturali: la nostra è una società patriarcale che preferisce il figlio maschio. La femmina è considerata un peso: deve essere educata e poi data in moglie, ma per un matrimonio bisogna fornire una dote consistente. E anche una volta sposata, la donna non sarà rispettata finché non dà alla luce un bambino. Il disprezzo verso le donne comincia prima della nascita e dura (per quante riescono a nascere) tutta la vita. Non v’è, infatti, solo il problema della dote, ma anche del rispetto per la donna sposata, legata alla nascita di un maschio.Sono due i modi attraverso i quali si eliminano le donne: l’aborto selettivo e l’infanticidio. Quest’ultimo, praticato da secoli, si pratica inserendo nella gola della neonata del tabacco o dei grani di riso o degli impasti ottenuti mescolando insieme acqua e cereali o un panno bagnato o un cuscino. Poi, si annega la neonata in un secchio d’acqua o la si seppellisce in un vaso di terracotta, successivamente sigillato, dove può resistere fino a due ore prima di soffocare. A volte vengono anche impiegati veleni e pesticidi che provocano il decesso attraverso convulsioni ed emorragie. Alle pratiche secolari, oggi dà man forte la tecnologia. Per il Wall Street Journal del 21 aprile 2007, alcune società hanno venduto talmente tanti apparecchi ecografici, che in India è possibile fare diagnosi ecografiche persino nei piccoli paesi rurali. Il costo è di circa 8 dollari a ecografia, l’equivalente di una paga settimanale. L’aborto selettivo è largamente diffuso in tutti gli stati del Nord dell’India, dove la preferenza per il figlio maschio si esprime in particolare in Punjab, in Haryana e in Uttar Pradesh. Generalmente coesiste con l’infanticidio femminile, anche se negli Stati più prosperi, dove le strutture mediche e la tecnologia per l’identificazione del sesso del feto sono maggiormente diffuse, come l’Haryana e il Punjab, ha quasi totalmente sostituito l’infanticidio. Il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione fissa a 950:1.000 il normale rapporto della natalità maschio/femmina. Nel Punjab, le femmine sono scese addirittura a 793 ogni 1.000 maschi. Percentuali simili in Gujarat e Haryana, i due Stati più ricchi della federazione. In base alle stime delle Nazioni Unite, in India sarebbero oltre 50 milioni le donne “mancanti”. Altri dati, dicono oltre 60 milioni. Un’enormità, che simbolicamente e sostanzialmente, per un verso dà la misura di quanta strada debba ancora fare questa Nazione per superare le sue terribili contraddizioni, dall’altro rende evidente che il criterio economico non è sufficiente a misurare la libertà e la democrazia di un Paese.
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