Le settimane, che preludono al risveglio della natura, segnano il tempo dell’intervento sul verde, pubblico e privato. È tutto un susseguirsi di tipologie di potatura di alberi, siepi e fìlari, di messa a dimora di nuove piante, singole o a gruppi. Ma, è anche il tempo in cui si opera, soprattutto in campagna, l’abbattimento inconsulto di alberi, anche centenari, in territorio lodigiano, come risulta dalle denunce, fatte da una gentile signora, pubblicate recentemente da «Il Cittadino». È un fatto, che, forse, segna la sopraggiunta differenza culturale fra città e campagna, in tempi di crisi di valutazione del buon agire e operare. Eppure, in passato, la totalità delle superfìci agricole alberate era curata, gestita, protetta. Veniva abbattuto l’albero solo per necessità contingenti, per il focolare, il riscaldamento. All’albero abbattuto, seguiva subito un impianto nuovo, nella consapevolezza del fabbisogno futuro, dell’inverno prossimo. Un abbattimento furtivo costava al contadino l’allontanamento dal podere e la perdita del lavoro.E’ pur vero che, l’abbattimento può essere indiscriminato e massiccio, in qualsiasi stagione, ogni qual volta si affermano esigenze o pressioni, per interventi sul territorio di nuove infrastrutture stradali, ferroviarie, di miglioramento idraulico di corsi d’acqua, di insediamenti produttivi, o di altro tipo. Sono i casi, in cui, viene invocato, a giustificazione, un intervento di pubblica utilità. Viceversa, per l’agrosistema lodigiano, le giustificazioni per interventi di una gestione agricola del suolo intensiva, su superfìci allargate, meno frazionate, senza barriere, di ogni tipo, dove la copertura arborea, gestita dalle aziende agricole, viene sacrificata perché non offre redditività, o peggio, perché non crea interesse nei proprietari, né alcun valore per interventi di miglioramento, ebbene, tali giustificazioni dovrebbero avere minore presa. Sono decenni, ormai, che il paesaggio vegetale, fatto di fìlari arborei lineari, lungo strade, corsi d’acqua, al limite dei campi, è sempre più compromesso. E’ in aumento costante l’aspetto di spoliazione, la riduzione alla frammentazione, persine delle fasce boscate. Si percepisce la perdita dell’equilibrio ecologico, la penuria della varietà biologica vegetale, la riduzione dell’aspetto paesaggistico alla quasi desertificazione. Mi si accuserà di essere un pessimista, un disfattista, un visionario in malafede, un fuori del tempo, un vecchio barbògio. La ragione è che, sono legato ad esperienze di ieri, a ricordi di un vissuto d’altri tempi, testimone di una realtà territoriale diversa, di un habitat di pregio che, ahimè, è quasi scomparso. Ah, se si potesse porvi rimedio, tornare un pò indietro! Forse, non tutte le aspettative andrebbero deluse.Navigando col computer, nel vasto mondo della informazione, trovo, sul sito di regione Lombardia la seguente didascalia: «L’agricoltura cambia faccia alla vita», costruiamola insieme. Programma di sviluppo rurale 2007-2013. E’ lo strumento che mette a disposizione, delle imprese agricole, una serie di misure a sostegno di investimenti e di azioni agroambientali, finalizzate ad orientare lo sviluppo rurale della regione, secondo le finalità politiche comunitarie.Sul sito di regione Lombardia e di provincia Lodi, leggo la notizia di «Programmi di sviluppo rurale 2007-2013. Misura 221. «Imboschimento di terreni agricoli». Finanziate tutte le domande presentate nel settimo e ottavo periodo. Anno 2011. Fra le domande, sono finanziate per la provincia di Lodi 2 domande con decreto della Direzione Generale Sistemi Verdi e Paesaggio n. 7930 del 1/09/2011, e altre 2 domande con decreto n.12871 del 28/12/2011. Buono a sapersi.Trovo, anche, indicazioni del programma «Buone Condizioni Agronomiche Ambientali» (GCAA): impegni 2012. Al punto 1 recita: Attivazione del nuovo standard 5.2: «Introduzione di fasce tampone lungo i corsi d’acqua», fascia arbustiva e arborea spontanea e impiantata a seconda dello stato complessivo attuale del corpo idrico - torrenti, canali, fiumi. Mi dico: alla buon’ora! Sul sito della provincia di Lodi, leggo la notizia sul seguente tema: «Valutazione Ambientale Strategica (VAS) dell’adeguamento del Piano di Indirizzo Forestale (PIF). Deliberazione di Giunta Provinciale n. 9 del 23 71/2008, ai sensi della Direttiva 2001/42/CE. Documento di pianificazione nel processo di riqualificazione del territorio lodigiano sotto il profilo ambientale. La delibera di Giunta n. 208 del 8/10/2009 ha preso atto della articolazione documentale che compone la proposta di PIF». Penso che si stia per intraprendere la strada giusta! Di conseguenza, mi trovo a chiedermi: vuoi vedere che grazie ai suddetti documenti regionali e provinciali, alla articolazione delle competenze e delle funzioni conferite, ci sono buone prospettive di recupero e valorizzazione del patrimonio forestale del lodigiano, specie per la realizzazione di nuove superfìci alberate. Tutto ciò, almeno, per quanto è scritto, o che si può leggere, via computer. Convengo che sia ragionevole accordare fiducia e dare vita a nuove speranze sul futuro.Da ultimo, leggo che sono conferite, anche ai Comuni, funzioni di tutela del verde, di conservazione, incremento, gestione e valorizzazione delle superfìci alberate, esistenti sul territorio amministrato. In particolare, la tutela della copertura arborea, che rappresenta un aspetto ambientale rilevante, per le funzioni di filtro e di fascia tampone, nel rapporto con l’abitato cittadino. Notizia che, non lo nascondo, mi induce a motivi di compiacimento. Subito dopo, però, ho un ripensamento. Mi ricordo dell’impegno programmatico, assunto dall’amministrazione comunale di Lodi, anni fa, per la realizzazione della fascia verde (la cosiddetta “greenway”) Pulignano-Pratello-Isola Carolina-Giardini pubblici-Selvagreca- Valgrassa. A distanza di anni, che dire? Sì, ciao! Ciao Pratello. Ciao Selvagreca.Che cosa altro pensare in proposito? Mi è tornata alla mente una pagina del «Piano di Indirizzo Forestale - Rapporto Ambientale nell’ambito del procedimento di VAS del PTCP» (settembre 2009) che recitava, a proposito del territorio lodigiano: «l’intervento dell’uomo è stato talmente capillare, intenso, continuo, da lasciare ben poco di terreno inviolato, dove ogni elemento è stato funzionalizzato al disegno più generale dell’agrosistema locale» (A. Devizzi, P. Ordanini, 1984). Di tale realtà, o idealità, oggi, quanto ne rimane? Verrebbe da dire, col detto popolare: ciao Pep!
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