C’è da considerare che il sistema elettorale dei comuni ha premiato coalizioni che a livello nazionale attualmente non esistono e che il sistema elettorale ereditato dalle sentenze della Corte costituzionale incoraggia soltanto al Senato. L’instabilità politica è una malattia cronica nel nostro Paese, ma negli ultimi tempi ha toccato livelli così parossistici che le previsioni in quest’ambito hanno raggiunto ormai l’attendibilità degli oroscopi. La legge elettorale che appariva blindata e pronta per essere approvata addirittura ai primi di luglio, ora è parcheggiata su un binario morto. La corsa forsennata verso le elezioni, che era stata forzatamente collegata alla riforma elettorale, sembra essersi definitivamente fermata, ma la strada che porta alla conclusione naturale della legislatura è così irta di ostacoli e di trappole che nessuno può affermare con certezza assoluta che le elezioni politiche si terranno nei primi mesi del 2018.Intanto, però, si tirano le somme delle elezioni comunali che domenica scorsa hanno coinvolto alcuni milioni di italiani, anche se decisamente meno dei potenziali 9 milioni di elettori, data la bassa affluenza alle urne, appena superiore al 60%. Un bilancio completo lo si potrà stilare soltanto dopo i ballottaggi in programma il 25 giugno, che interessano tutti i centri maggiori a eccezione di Palermo (in Sicilia, però, la legge elettorale fissa al 40% la soglia per l’elezione al primo turno). Tuttavia alcuni elementi si sono già imposti all’attenzione degli analisti e dell’opinione pubblica. Innanzitutto il risultato negativo del Movimento5Stelle, fuori dai ballottaggi nei centri più rilevanti – a cominciare dalla Genova di Beppe Grillo – e spesso con percentuali di voto molto basse. In parte ci si aspettava un risultato non brillante in una tornata amministrativa, ma non in queste proporzioni. Hanno sicuramente pesato le scelte contraddittorie dei vertici, i candidati imposti dall’alto, le spaccature interne, le scissioni, i contraccolpi delle vicende di Roma e di Torino. Il flop nelle urne, arrivato subito dopo il tentativo di accordo con gli “altri” sulla legge elettorale nazionale, ha già ridato fiato all’anima più radicale del movimento e c’è da aspettarsi una nuova stagione di estrema contrapposizione politica e parlamentare.Bisogna comunque fare attenzione all’illusione ottica che si genera se si guarda al quadro politico nazionale con gli occhiali del voto per i sindaci. Ipotizzare l’inizio della fase calante per i 5Stelle è oggi del tutto azzardato e quantomeno prematuro, se si è ben compresa la profondità del disagio politico e sociale che è alla base del voto grillino. Anche per le forze tradizionali, che al netto dell’esito dei ballottaggi ora gioiscono per il rilancio (il centro-destra) o tirano un sospiro di sollievo (il Pd), il discorso è molto più complesso di quanto possa sembrare a prima vista. A parte il fatto che l’aver ricorso in molti casi a candidati o liste “civici” la dice lunga sulla debolezza dei partiti, c’è da considerare che il sistema elettorale dei comuni ha premiato coalizioni che a livello nazionale attualmente non esistono e che il sistema elettorale ereditato dalle sentenze della Corte costituzionale incoraggia soltanto al Senato.
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