Non dimenticate che siete insegnanti

Non c’è ragione al mondo che possa giustificare l’atteggiamento di certi genitori che preferiscono affidarsi a distorte espressioni o, peggio ancora, a innaturali reazioni piuttosto che condividere un progetto educativo con i professori e così fanno dei figli la copia carbone del peggio che verrà. Sì perché qui sta il problema. I rapporti tra genitori e professori stanno attraversando un brutto periodo se per «brutto periodo» intendiamo la mancanza di rispetto della persona docente e dell’esercizio della sua funzione. Sono tanti gli episodi che fanno emergere variabili preoccupanti alimentate, peraltro, da un’anomala alleanza tra studenti e genitori, questi ultimi sempre disposti a dare ragione ai propri figli. Si alternano così indebite pressioni che puntano a modificare la valutazione dei profitti, ad estremi

atteggiamenti di disprezzo verso chi questa valutazione è chiamato ad esprimere. Sono atteggiamenti che uccidono la voglia, la motivazione di vivere con profonda professionalità il compito a cui è chiamato un insegnante. Eppure quella dell’insegnante è, oserei dire, la più nobile delle professioni non fosse altro che per la delicata questione educativa che va a toccare.

Di notevole rilevanza sono, naturalmente, quelle di medico, avvocato, ingegnere, amministratore delegato di importanti aziende, tanto per citarne alcune, ma quella dell’insegnante è veramente speciale. Forse perché sin dalle elementari personalmente ho sempre detto che da grande avrei voluto fare il professore. Che poi è quello che ho fatto e senza smettere di studiare ho abbracciato successivamente la carriera di preside. Sebbene il mondo sembra appartenere ad altri, tuttavia scopriamo spesso che molti di questi altri hanno solo le tasche piene o viaggiano su auto di lusso, amano ostentare il proprio status sociale, ma senza rendersene conto fondano il proprio essere sull’avere.

Un emblematico esempio lo offrono i tanti calciatori della cui ignoranza si considerano dei portatori sani, dimentichi che si può essere calciatori senza per questo trascurare la personale formazione culturale, condizione necessaria per mettere ordine alla follia del proprio modus vivendi. E quanti smargiassi, millantatori, si presentano con il colletto bianco sotto sembianze di uomini d’affari, consulenti finanziari, manager di provata esperienza eppure sono vacui di intelletto pronti a macchiarsi di ingiustizie, a beffarsi del prossimo, a compiere azioni truffaldine ai danni di tante ignare persone.

La cronaca ha consegnato alla nostra memoria uomini dai nomi altisonanti la cui intelligenza è stata utilizzata solo per accumulare beni e averi nella convinzione sbagliata che l’avere vale più dell’essere fino a fare dell’illecito un punto di riferimento nel percorso della vita. Tutto questo non fa parte della cultura sentita come bagaglio etico che una volta usciti dall’Università viene consegnato a chi fa dell’insegnamento una vera e propria missione. E questi sono i professori.

Quelli che potranno subire ingiustizie, che potranno ricevere odio anziché gratitudine, che potranno essere talvolta derisi e umiliati, insultati, malmenati, ridicolizzati, che potranno essere trascinati davanti ai giudici, che prenderanno in considerazione la possibilità di cambiare lavoro, ma nessuno potrà togliere loro il forte senso educativo che hanno verso i ragazzi. E’ vero. La cultura, l’educazione non sono merce di scambio, ma sono processi che se accompagnati dal senso del rispetto verso gli insegnanti e da questi verso gli studenti, potranno diventare condizioni necessarie per costruire le personalità del domani, quelle sane personalità necessarie alla crescita sociale e civile di un qualsiasi paese. Gli insegnanti rappresentano un autentico punto di riferimento per i ragazzi e tali dovrebbero essere anche per i genitori. Ma ahimè spesso così non è. E se per i ragazzi l’opera educativa, sia pure impegnativa, può rappresentare l’occasione di crescita, per i genitori può rappresentare, diversamente dalle aspettative, l’occasione buona per affrontare a muso duro l’insegnante.

L’occasione buona per trasformarsi in sindacalista pronto a rivendicare spazi e diritti dalle regole non previste; in «docente di sostegno», esercitando un ruolo tra pari laddove i ruoli sono differenti; in avvocato d’ufficio a difesa del figliolo ritenuto ingiustamente «preso di mira»; in pubblico ministero impegnato esclusivamente ad avviare procedure giudiziarie nella convinzione di trovare giustizia laddove si è convinti di aver trovato ingiustizie.

Può mai esserci una via d’uscita da tutta questa confusione? Credo proprio di sì. Agli insegnanti dico di non mollare. Il loro è un lavoro difficile, ma superbo per l’obiettivo che viene a imporsi. Ed è l’obiettivo di avere un ruolo preciso nella società: educare e formare le nuove generazioni. Un obiettivo non da poco, differente da un qualsiasi altro obiettivo che pure assume una certa importanza nella crescita civile ed economica di un paese.

C’è chi produce automobili e chi disegna le strategie economiche, chi gestisce i grandi mezzi di comunicazione e chi flotte di aerei, ma non è la stessa cosa che educare i ragazzi alla vita, al rispetto dell’altro, alla solidarietà verso il diverso. Sono compiti specifici di un professore con la “P” maiuscola. E’ inutile cercare altre vie. L’insegnante ha tra le mani la gestione di valori primordiali, non negoziabili, che vengono prima che qualcuno diventi manager, magistrato, economista, imprenditore, avvocato, architetto, ingegnere e così via. Se è vero che l’insegnante è colui che lascia il segno, allora è altrettanto vero che fare l’insegnante richiede capacità notevoli di leggere e capire le diverse sensibilità per metterle a frutto e farle crescere.

E’ un compito di portata strategica che richiede entusiasmo per prendere una netta posizione e combattere tutto il marciume che circonda la realtà di oggi, tutto il fango e il discredito che vengono gettati contro. L’insegnante deve riprendersi lo spazio che gli è dovuto nella società, deve riconquistare quella sua particolare autorità sentita, vissuta e riconosciuta come autorevolezza in divenire, ma per raggiungere questo livello deve anche saper trasmettere cultura, deve saper entusiasmare i propri studenti, deve trasmettere con freschezza ed emozione il sapere. Deve essere un esempio. Non dimenticatelo. Siete insegnanti!

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