A cinque mesi dal voto, al centro della campagna elettorale americana rimane l’economia. Il candidato repubblicano Mitt Romney ha finora puntato tutto su questo terreno in virtù delle sue credenziali di businessman, combinate all’esperienza di governatore del Massachusetts. La ricetta di Romney in sintesi è tagliare le tasse a imprese e individui; ridurre ovunque l’intervento della mano pubblica; sforbiciare gradualmente la spesa corrente, sbarazzandosi in primis della riforma sanitaria firmata dal presidente Barack Obama che amplia la copertura a fasce di cittadini meno abbienti.L’altro grande tema sul quale lo scontro tra Romney e Obama si è fatto particolarmente aspro negli ultimi giorni è la politica estera. Romney accusa il presidente di non intervenire con adeguata decisione contro gli Stati “canaglia” come la Siria. “Il massacro di civili del regime di Assad a Hula è una barbarie”, ha detto Romney all’indomani della carneficina in cui hanno perso la vita un centinaio di persone. “Washington e i suoi alleati devono armare l’opposizione siriana in modo che si possa difendere da sola. Il nostro obiettivo deve essere un nuovo governo siriano”. Ma su entrambi i temi – economia e politica estera – finora l’offensiva di Romney non sembra in grado di lasciare il segno. Negli ultimi tempi la necessità di un cambio di rotta in materia economica è divenuto meno pressante. Il dato della disoccupazione è a poco a poco migliorato, attestandosi ad aprile su livelli pre-recessione (8,1%). E anche il borsino delle credenziali di Romney come esperto di economia è sceso. Dopo una serie di inchieste della stampa americana, il passato di Romney quando era gestore e proprietario del fondo di investimenti Bain Capital ha evidenziato delle ombre. Soprattutto una propensione al licenziamento che male si coniuga con il profilo di un candidato impegnato nella creazione d’impiego. Possibilità limitate. Sul versante della politica estera, di solito non determinante per il risultato delle urne, la richiesta di un intervento più assertivo in Siria richiama gli spettri di una strategia mediorientale alla Bush in un’America stanca della guerra ultradecennale in Afghanistan, dove le certezze su quanto accadrà quando i marines lasceranno il Paese sono poche. Più in generale Romney sembra avere chance limitate perché è visto dall’americano medio come un personaggio troppo ricco, bianco, appoggiato dalla non amata Wall Street. Non sembra scaldare i cuori né della base elettorale, né degli antistatalisti del Tea Party, né degli intellettuali conservatori. E neppure dell’America più religiosa, forse diffidente della sua fede mormona, ancora associata da molti alla poligamia.Nonostante la forza della propaganda sui social network, però, anche Obama ha perso lo smalto di quattro anni fa. Chi lo ha eletto gli rimprovera di aver continuato la politica dei tagli alle tasse ai ricchi firmata da George W. Bush, gli contesta una riforma sanitaria annacquata e punta il dito contro il suo compromesso al ribasso sul nodo del debito pubblico. Per quanto le critiche possano apparire a tratti ingenerose, Obama ha in effetti compiuto una serie di errori. Il principale è stato lo “Stimulous Plan” per creare occupazione. A tre anni dal varo del pacchetto d’incentivo economico, con un tasso di disoccupazione ancora all’8,1% e più di 12 milioni di americani senza impiego, la misura si è rivelata un almeno parziale sperpero di quattrini pubblici. “Se scandagliamo i progetti che hanno attratto i fondi, notiamo che si tratta di un insieme di iniziative scoordinate”, ha affermato di recente Gary Becker, ordinario dell’Università di Chicago e premio Nobel nel 1992. Resta poi una serie di argomenti “eticamente sensibili” sui quali Obama non sembra proprio convincere tutta l’America.Obama, però, non ha solo commesso passi falsi. Gli si riconosce di aver risollevato il Paese dal baratro della depressione; firmato una riforma sanitaria che espande la copertura e crea un meccanismo per il controllo dei costi; stilato regole piuttosto stringenti in materia di regolamentazione finanziaria. Ed è riuscito a scovare ed eliminare Osama Bin Laden. Senza contare le posizioni multilaterali e soft tenute nel corso della “primavera araba” e della guerra in Libia. A fronte di un candidato poco ispirato – Romney – questo curriculum, salvo imprevisti, potrebbe bastare a Obama per ottenere un secondo mandato.
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