Quanti hanno poca o non adeguata dimestichezza con la scienza non possono che affidarsi alle parole degli esperti per la comprensione, entro il confine dei propri limiti, delle piccole o grandi scoperte e prenderne atto. È recente e, a quanto pare, assai rilevante, l’ultima conquista in campo scientifico: ha un paio di definizioni che la configurano e la qualificano: “particella di Dio” o “Bosone di Higgs”, mentre una terza, a quanto si dice la più immediata, “goddam particle”, dannata particella, (dannata perché ha fatto sudare molto prima di farsi trovare), suona alquanto irrispettosa. Che cosa si nasconde dietro alla definizione “God’s particle”? Perché di Dio? Forse gli scienziati, giunti alla fine del percorso, hanno pensato di aver risolto il problema della vita, della creazione, in fondo di Dio? Dietro alla scoperta si celava l’intento di porre fine all’eterno e mai risolto quesito dell’origine del mondo e dell’universo? Se dessi adito a questi dubbi rinnegherei la scienza ed ogni sua conquista. Cercare di avvicinarsi quanto più possibile alla comprensione dell’origine della vita è tensione di ogni uomo e di ogni tempo e la scienza, quando se ne fa interprete e motore, spinta dal desiderio di conoscenza, intesa come intuizione e disvelamento degli aspetti e delle dinamiche che avvolgono l’esistenza tutta, non può che seguire un nobile percorso e perseguire fini elevati. Può anche succedere che questa tensione celi un insito desiderio di porsi su di un piedestallo da quale ritenersi capaci di demolire, di confutare, di provare tutto, semplicemente per dimostrare che nulla è potenzialmente vietato, nascosto o irraggiungibile per l’uomo e la sua mente. Allora il rischio è quello di voler competere con un Motore primo la cui essenza e sostanza nulla hanno di umano, di finito, limitato.Non credo si arriverà mai a confutare l’assioma “Nulla nasce dal nulla”. Da tempo la scienza e la ragione hanno appurato che “nulla si distrugge, tutto si trasforma”, ma soprattutto “nulla si crea” (nihil ex nihilo).La scoperta ultima della “particella di Dio”, che è oggi punto di arrivo e al contempo di partenza verso approdi ancora sconosciuti, porta, già nel nome che le si è dato, l’impronta di Qualcuno, di un Essere, incomprensibile alla limitatezza umana, che è il Creatore e Motore di quel primo “punto” da cui è partito l’universo e quanto esso racchiude.Quella primissima particella è già in sé parte di Dio; contiene lo spirito, il soffio di Colui che l’ha voluta, di Colui che ne ha acceso la scintilla. E mentre quella particella si trasforma, si amplia, si propaga essa serba e custodisce nel suo nucleo e in tutto quanto da esso si diparte l’imprinting dell’orma divina, replicata all’infinito, sempre pronta a rigenerarsi, ad essere simile in ogni suo frazionamento, in ogni sua espansione, al primo soffio. E cosa può essere questo soffio, questa impronta se non il segno di un Dio che non ha trattenuto per sé lo spirito, ma lo ha condiviso con ogni espressione dell’universo? Il segno di una trasfusione d’amore dal Creatore alla cosa creata? Se nulla avviene per caso, nella particella di Dio, creata da Dio e non dal caos, c’è la volontà di Dio stesso di rivestire ogni cosa di sé, di permearla del suo amore, della sua essenza, perché ogni cosa lo rispecchi e a sua volta lo rifletta.Credenti o non, la “particella di Dio” non mette in discussione e non intacca nessun presupposto di Dio. Anzi!Porta ad una visione divina ancor più fresca ed appagante: il nostro Dio, il Dio di ogni uomo, sta al di sopra e al di là di ogni particella. È nato con noi e noi siamo nati con lui. Sta da millenni al nostro fianco e per millenni, per quell’eternità che è solo Sua, ancora sarà accanto a noi, forse uniti ed inscindibili in quella particella che comprende Lui e ciascuno di noi dall’origine e alla fine del tempo.
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