Dopo l’ondata mediatica suscitata dal dibattito intorno all’articolo 18 e alla disciplina dei licenziamenti individuali, che resta comunque al centro del confronto politico e sociale, le testate informative sono tornate negli ultimi giorni a occuparsi di soldi. Argomento che appartiene a quelli tradizionalmente definiti dalle “5 S” del giornalismo: sesso, sangue, spettacolo, sport e – appunto – soldi.È inevitabile, in un periodo di crisi economica che ha ripercussioni sempre più pesanti sul vivere sociale, che l’attenzione dei media si concentri ulteriormente su un tema già di suo piuttosto frequentato. Quello che cambia in questa fase è l’insistenza sul fatto che la busta paga degli italiani più fortunati (coloro che hanno un lavoro) si alleggerisca, come pure le casse delle famiglie costrette a fare i conti con spese sempre più alte ed entrate sempre più basse.Non si sa se per consolarci o per aumentare la nostra indignazione (o frustrazione) verso pochi privilegiati, le testate giornalistiche c’informano con dovizia di particolari anche di un recente studio di Bankitalia secondo cui i 10 più ricchi fra i nostri connazionali hanno un “peso economico” che vale quanto quello di 3 milioni di poveri. Poi non ci risparmiano i dettagli sugli aumenti di benzina, elettricità e gas ma nemmeno i suggerimenti per evitare “il salasso” scegliendo la via di consumi più consapevoli.Se da un lato si tratta di informazioni non soltanto utili ma, anzi, necessarie in tempi di conclamata recessione e di difficoltà ad arrivare a fine mese per un numero crescente di italiani, dall’altro sono molto discontinui i toni con cui questi argomenti vengono trattati. Si va dallo sdegno contro chi ha troppo (e magari l’ha avuto senza nemmeno meritarselo) all’esaltazione dell’attività della Guardia di Finanza che ha stretto le maglie contro gli evasori, dall’invidiata “top ten” dei più ricchi d’Italia (per chi non lo sapesse, al primo posto si conferma Michele Ferrero, patron dell’omonimo gruppo dolciario, con un patrimonio di 14,2 miliardi di dollari), alle statistiche sulla riduzione di spese in viaggi e pranzi previste per le festività pasquali.In molti casi l’approccio di taglio economico si stempera in inchieste o in servizi che scivolano verso il costume o sconfinano addirittura nel gossip. A spettacolarizzare il tema, come avviene in genere per la maggior parte degli argomenti di attualità, è soprattutto la televisione. I telegiornali giocano su titoli e filmati a effetto, i programmi di approfondimento propongono spesso racconti in presa diretta di storie o di situazioni drammatiche, al limite della tragedia e non di rado oltre.Diverso è il trattamento da parte dei quotidiani, che in quest’ultimo periodo hanno scelto in larga parte di dedicare veri e propri spazi fissi all’interno delle loro pagine per spiegare, di volta in volta, i provvedimenti del governo Monti in materia di economia e di finanza, ma anche per visualizzare attraverso grafici e tabelle il crescente peso dei prelievi di soldi e delle “uscite” dalle tasche degli italiani.Le testate online, oltre a riprendere e rilanciare buona parte dei contenuti proposti da giornali e tv, hanno i loro link di approfondimento e gli archivi in cui si possono trovare articoli e contenuti di contorno relativi al tema. Ma, soprattutto, hanno uno spazio sempre aperto per la raccolta di opinioni da parte degli utenti, sotto forma di sondaggi a cui rispondere o di commenti da poter inviare liberamente per far sentire la propria voce.Ed è qui che si scatena il malcontento popolare, all’insegna di insulti di vario segno contro i protagonisti di decisioni pesanti e contro i privilegiati messi di volta in volta nel mirino per catalizzare la frustrazione e l’indignazione dei molti che vivono una vita di tenore medio-basso. Al di là delle molte speculazioni intorno a un tema d’interesse collettivo, il risultato è una generalizzata impressione di maggiore precarietà sociale e minore disponibilità economica per (quasi) tutti, ma anche – per i più attenti e sensibili – un invito implicito a rivedere i propri standard di vita per fare in modo, ciascuno secondo le proprie possibilità, che in questo momento di crisi le disuguaglianze possano diminuire invece che aumentare.
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