“Ruspe al lavoro sullo storico santé, scompare la Sant’Angelo dei cordai”. Con questo titolo Il Cittadino di martedi 12 agosto pubblicava la desolante notizia: in questi giorni “ scompare a colpi di benna una parte della vecchia Sant’Angelo”. Si sta abbattendo l’ultimo “storico santé” coperto. Un nuovo magone per i Santangiolini autentici, dopo la scomparsa di caratteristiche costruzioni, dal Ponte al Centro Storico, abbattute per sostituirle con certi mostri moderni. E terribili! Nel quartiere San Martino, specie nei pressi del Lazzaretto, erano molto rinomati i cosidetti “santé” (“sentieri” in italiano mai usato ) lungo i quali – col sudore dell’estate e il gelo dell’inverno – fioriva la produzione di corde di canapa e, addirittura, di gomene per le navi genovesi. Vi lavoravano persino donne e bambini. Era un lavoro molto, molto duro. Duro al punto che, rimproverando il figlioletto troppo discolo, il padre gli gridava: ”Lasaròn, te fo imparà!/ Me te mandi a fa el curdè!!!” ( vedi la poesia “El santé” sul mio primo libro “Sant’Angel dal campanén”. Scomparsi gli ultimi Santangiolini autentici, nessuno saprà chi fossero i cordai. Ma gli interessati avranno la possibilità di averne almeno un’idea consultando due delle mie pubblicazioni: “Madre Coraggio delle Americhe” e “Il palazzo degli Arcangeli”,diventato, con la sua recentissima terza edizione, il romanzo storico della Provincia di Lodi. Sul suddetto libro di Madre Cabrini, nella prima pagina del primo capitolo si legge: “ (…) Al Lazzaretto i cordai percorrevano, meccanicamente come sempre, l’andirivieni del sentiero rigato di corde che si srotolavano dalle grosse ruote per avvolgersi in mastodontiche matasse.” Nel romanzo “Il palazzo degli Arcangeli” si parla spesso di Postumio, il cordaio. Proprio quello che pugnalerà il figlio dei conti Bolognini sul ponte del Lambro, buttandone poi il cadavere nel fiume. Nel capitolo XIV è pur brevemente descritto “el santé”: “ (…)si avviò al “sentiero”, la lunga striscia di terreno che, in continuo andirivieni, gli operai percorrevano a fabbricare corde agli ordini di Postumio. Quello strano nome gli era stato affibbiato dal padre, anch’egli artigiano della corda, in onore di San Postumio, patrono dei cordai.(…) Postumio, rimuginando rabbia e vendetta, ritornò alla ruota che scricchiolava lamenti, a stento sopportando i lunghi cavi di canapa, tenuti da mani esperte dall’altra parte del ”sentiero”, per l’intreccio della loro realizzazione.” Se pur brevemente, “el santé” e i cordai compaiono in questi tre libri. Sarà l’unico ricordo che rimarrà di quel lavoro. Caratteristico ma duro. “Era un’attività dura, ma serviva il pane” ,ha scritto nel suo articolo Lorenzo Rinaldi. E il pane si guadagna anche col sudore della fronte.
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