E tre, caro Direttore.Con questo chiudiamo la serie di messaggi in bottiglia lanciati a favore della tutela del Colatore Muzza, dopo aver detto in cosa e perché si è sbagliato. Ora proviamo a dire cosa bisogna fare per cambiare il futuro di questa zona e assicurarla alla comunità lodigiana.1 - In una regione ricca come la Lombardia, non ci vuole molto a creare, usando competenze già disponibili, un ufficio che controlli le fotografie aeree della pianura e individui i corsi d’acqua che per caratteristiche morfologiche, copertura arborea, emergenze naturalistiche appaiano di interesse collettivo. Non ci vuole molto, e nemmeno soldi. Ci vuole volontà e un’idea: quella di individuare, al di là dei vincoli esistenti (peraltro assai indeboliti dalla Regione Lombardia negli ultimi 15 lunghi anni) le zone che hanno un interesse ambientale. Interesse ambientale che, in una logica moderna, è interesse economico per tutti.2 - In queste aree, troppo piccole, di interesse relativo o solo potenziale, un Governo locale, come è quello lombardo, dovrebbe dire: “il periodo della guerra alle aree protette, iniziato nel 1998, è finalmente finito. E’ interesse della Lombardia proteggere, anche al di fuori dei parchi regionali e delle riserve naturali, quel che rimane”. Perché quel che rimane magari non è straordinario, ma rappresenta un valore per l’intera regione.3 - Una volta delimitate queste zone, si potrebbe dire che ogni opera al loro interno deve subire un vaglio preliminare. Qualcuno potrebbe dire “queste cose già sono previste e già si fanno”. Mica vero, o se si fanno, si fanno male, visto quel che è successo sulla Muzza. La Regione Lombardia potrebbe dire semplicemente: costituisco un gruppo informale, composto da 5 persone, la cui unica caratteristica è la competenza specifica; niente compensi, nulla di nulla, se non l’onore di partecipare a una misura di governo del territorio. Un gruppo di persone pragmatiche, che non rispondono ad alcuna logica di parte: a loro si danno 30 giorni per formulare un parere sui lavori e di prescrivere accorgimenti tecnici. Non è un grande aggravio di tempi. Un mese.4 - A livello locale, i sindaci dei 6 comuni che si distribuiscono lungo il Colatore Muzza dovrebbero dire, con forza e chiarezza (e dobbiamo ammettere che segnali in questa direzione ne arrivano) che sul Colatore si farà un Parco Locale. Che questo Parco Locale si darà, tramite una convenzione fra comuni, un’organizzazione. Che questo Parco si darà delle norme di attuazione che (invece di stressare agricoltori, pescatori e cercatori di funghi), impongano una precisa modulazione degli interventi sul Colatore Muzza laddove necessari.5 - Il consorzio dei 6 comuni del Parco diviene cosi’, insieme al Sindaco che lo rappresenta, una struttura priva di costi, ma in grado di potersi proporre, come Associazione o Ente, e intercettare fondi pubblici (UE e regionali) per diverse iniziative. Gestionali, ma anche didattiche, fruitive ecc ecc. Un Consorzio del genere taglia la strada a interventi spot, supercostosi in termini economici e ambientali, e si raccorda meglio con la vocazione di Fondazioni Bancarie che più volte hanno aiutato il Lodigiano sui temi dell’ambiente.6-Una struttura amministrativa leggera ma attiva come questa, puo’ individuare un gruppo di consulenti, anch’essi a costo zero, che abbiano capacità riconosciute nei diversi settori propri di un PLIS. Ne segue i consigli, ne corregge gli errori, ma soprattutto ne segue l’operato sul campo quando sono coinvolti in progetti.7 - Un Parco Locale del Colatore Muzza, oggi, arriva con dieci anni di ritardo. Come sempre, in Italia. Ma meglio tardi che mai. Il Colatore Muzza ha il potenziale per ricevere abbondanti fondi pubblici su temi ormai prioritari in tutte le regioni più sviluppate, e per riceverli in maniera più costante di quanto non accada negli interventi spot che si richiamano alla cultura classica dei lavori pubblici.È tutto qua. Qualcuno rimarrà magari deluso, ma la ricetta è questa. Semplice. Presume uno sforzo di volontà politica, non di fantasia. resume che ci siano persone, che abbiano a cuore il territorio e il paese prima di qualsiasi interesse di parte, che sappiano guardare lontano. Presume che ci sia la determinazione nello spazzar via convenzioni e convenienze; nell’eliminare dallo scenario portatori di interessi puntiformi per restituire il territorio a portatori di interessi diffusi. Presume un lavoro intenso, impegnativo, che darà frutti dopo anni, che non necessariamente verrà riconosciuto agli amministratori, perché si sa che la gente ha memoria corta. Presume in ultima analisi che ci sia senso dello Stato, che è anche costituito dai tratti unificanti di quel territorio, ambiente e paesaggio che è l’Italia. Soprattutto si basa su una presunzione, il Parco Locale del Colatore Muzza: che chi amministra il territorio metta sullo stesso piano i temi dell’ambiente e quelli del lavoro e del sociale. Abbiamo imparato per anni a parlare di ambiente per riempirci la bocca: ora i gradi di libertà, per la politica, si stanno restringendo. E’ venuto il momento di dire le cose e farle subito dopo. Quel che accade facendo il contrario è sotto gli occhi di tutti.
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