Scuola, così si crea confusione

Quando un principio sconvolge una regola, allora accade che le regole non servono più ad educare secondo certi principi. Non è un gioco di parole. È semplicemente un diverso modo di educare che va a mettere in discussione ciò che da secoli vige nella vita quotidiana: l’importanza delle regole. Questa volta però a mettere in confusione non è una componente educativa, non sono né gli insegnanti, né i genitori. A mettere confusione è un organo giuridico di rilevanza nazionale secondo cui copiare a scuola è legittimo. Un’eresia? Può anche essere, ma quando a dirlo è il Consiglio di Stato allora la sentenza va letta bene, vanno esaminati i fatti con molta attenzione per evitare di generalizzare e, cosa ancor più prudente, bisogna evitare di farsi un’idea sbagliata su una regola giusta. Tutto parte da una ragazza che agli ultimi Esami di Stato viene beccata mentre copia qualcosa dal palmare che evidentemente pensava di poter impunemente utilizzare nonostante il divieto. La prova è annullata. Tuttavia le viene concesso di continuare gli esami con riserva. Il ricorso al Tar Campania avviato nel frattempo dai genitori, è una sorta di garanzia della speranza. La speranza di vedersi riconosciute certe attenuanti pur di salvare il salvabile. La ragazza, infatti, è un modello di impegno, con un curriculum scolastico di tutto rispetto. Ma le regole sono chiare, ragion per cui chi viene sorpreso a copiare durante le prove d’esame, deve ripetere l’anno. Bravi o non bravi le regole valgono per tutti. Non ci sono attenuanti che tengano. «Dura lex, sed lex». E infatti il Tar Campania si allinea con la scuola. L’esame è nullo. La studentessa è punita con l’annullamento delle prove sia pure sostenute con riserva. Ai genitori non rimane che il ricorso al Consiglio di Stato. A fine settembre arriva la sentenza definitiva che rimette tutto in discussione. C’è qualcosa che fa ribaltare il giudizio del tribunale amministrativo campano. In aiuto della studentessa arriva l’ansia. Proprio così. Per il Consiglio di Stato, infatti, l’ansia avrebbe condizionato fortemente l’atteggiamento della ragazza fino a indurla a copiare. Del resto il «brillante curriculum scolastico» viene ritenuto una garanzia della preparazione già in essere della studentessa, tanto da meritare una diversa considerazione. In questo caso, pertanto, copiare durante un esame non è ritenuto un illecito. L’esame sostenuto con riserva è valido a tutti gli effetti. La ragazza è promossa. Una sentenza che lascia sbalorditi. Non c’è che dire: una bella confusione. Faccio fatica a comprendere, ma le sentenze non si discutono: si rispettano. Allora provo ad aggirare l’ostacolo e parto da un’altra considerazione. Quando le regole non vanno rispettate? O meglio. Ci sono forse particolari situazioni tali da indurre chiunque a deviare dal rispettare le regole? Intanto va detto che più di altri sono i giovani che spesso sono presi da un irrefrenabile desiderio di sgarrare, di manifestare il proprio dissenso, di allontanarsi dalle consuetudini. Fa parte della loro natura. Ma poi sono gli stessi giovani che quando vengono sorpresi a fare qualcosa da non farsi, allora vengono presi dal panico. O come nel nostro caso sono gli stessi giovani che quando vengono a trovarsi in particolari situazioni, presi da tensione, finiscono col fare cose che non dovrebbero fare. Quindi è proprio vero che l’ansia può talvolta giocare brutti scherzi. Una ragazza molto brava, dal curriculum scolastico invidiabile, presa da eccessiva tensione, più che affidarsi alle sue capacità più volte messe in campo, pur di non far brutta figura con chi in lei ha riposto particolari aspettative, preferisce affidarsi a un palmare rischiando grosso. Ed è successo quello che non doveva succedere. La ragazza viene sorpresa a copiare e a questo punto la vergogna per aver fatto qualcosa da non farsi, si aggiunge all’ansia e allo stress. Si dispera. I genitori temono un gesto inconsulto. La storia è piena di sinistri esempi. Simpaticamente potrei ricordare quello di Metrocle, un giovane che a causa di una rumorosa flatulenza scappata in palestra in presenza d’altri, per la vergogna voleva farla finita (esagerato). Per fortuna Cratete, noto filosofo, accorse in suo aiuto e lo convinse a desistere, pilotando l’esperienza rumorosa mentre si inchinava davanti agli Arconti di Atene per dimostrare che certe cose possono capitare e che non bisogna drammatizzare più di tanto. E’ Diogene Laerzio a raccontarlo. In aiuto della nostra studentessa accorrono i genitori che si affidano alla giustizia nella speranza di trovare comprensione e clemenza in chi viene chiamato a giudicare i fatti. Alla fine hanno avuto ragione loro. I giudici hanno avuto comprensione e i fatti sono stati valutati diversamente da come possono essere stati letti dai comuni mortali. Si può dire che qualcuno può aver imparato dall’errore grazie ai giudici? Probabilmente. Secondo Popper «anche uno sbaglio, quando viene analizzato da una persona in buona fede, rappresenta un passo avanti sulla strada della verità». Dunque siamo di fronte a uno sbaglio, di cui qualcuno deve pur rendersi conto di aver commesso, ma che proprio in quanto sbaglio analizzato in buona fede aiuta a meglio riconoscere certe sfumature che possono sfuggire ad altri. Nel nostro caso la ragazza ha sbagliato, ma più che un’attenuante può aiutare a capire la situazione proprio quell’ottimo curriculum che la studentessa ha portato con sé fino al termine degli studi. Se la regola è stata trasgredita, se un illecito è stato commesso, tuttavia l’impegno profuso per anni, durante tutta la carriera scolastica, non può essere distrutto da un errore. Un errore probabilmente ritenuto dai genitori più che un valore assoluto in sé, una consapevole convinzione che certe regole sono frutto di convenzioni che vanno rispettate, pur nella consapevolezza, tutta giovanile, che le regole sono fatte per essere trasgredite. Prova ne è che non appena si presenta l’occasione di violarle, sfidando la sorte, si accetta il rischio e si compiono azioni che non si devono mai compiere. Forse anche per l’inconsapevole desiderio di dimostrare a se stessi di essere in grado di agire senza inibizioni in determinate situazioni quando non si è osservati da occhi indiscreti. Almeno così molti credono. Intanto, comunque, una certa confusione c’è stata.

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