Quando una notizia fa rumore, i commenti non si fanno mai attendere. E’ sempre stato così. I commenti, questa volta, li facciamo al «Notiziario sui risultati dell’ultimo esame di terza media», appena pubblicato sul sito del Miur e che consente, da un’attenta analisi, di valutare il livello di preparazione raggiunto dai nostri studenti di terza media. Dati confortanti si alternano a dati che richiedono una maggior riflessione. Ciò che non bisogna fare è affidarsi esclusivamente a una percezione statistica dei dati trasmessi, ma leggere cifre e percentuali anche col beneficio del dubbio. Una prassi, quest’ultima, che se da una parte può metterci in difficoltà, dall’altra ci consente di percepire dei segnali che diversamente passerebbero inosservati. E cosa ancor più importante, a mio modo di vedere, è quella di non lasciarsi trascinare da una sorta di pregiudizio, poiché un simile atteggiamento non aiuta certamente a capire il significato dei numeri, delle categorie, degli esiti finali. Questa premessa la ritengo necessaria poiché da una attenta lettura dei dati statistici emergono sì delle novità, ma anche delle conferme su determinate situazioni che lasciano spazio a differenti interpretazioni. Si apprende, ad esempio, che le alunne ottengono risultati migliori dei coetanei maschietti. Le ragazze sono più brave. Una conferma! Cari maschietti basta crogiolarsi tra le braccia di Morfeo. Animo se non volete scivolare in strati ancora più bassi. Altro dato interessante. Gli alunni delle scuole medie del sud ottengono migliori risultati degli alunni delle medie del nord con una buona ricaduta sul processo di apprendimento. Una bella notizia che va a sfatare un luogo comune che vuole le scuole del nord, migliori in fatto di preparazione. Un dato che contrasta con quello relativo alle strutture. Molte scuole del sud, infatti, sono strutturalmente peggio conciate di tante scuole del nord e ciò rende più onore ai quei ragazzi che nonostante tutto, riescono ad affrontare il disagio strutturale con equilibrio e impegno tanto da consentir loro di raggiungere buoni risultati. Se poi ai diffusi problemi strutturali volessimo aggiungere la preoccupante percentuale del fenomeno legato alla dispersione scolastica, allora saremo ancora più convinti dell’ottimo lavoro che stanno facendo i nostri colleghi del sud. Altra considerazione da fare. Alcune regioni del nord come Liguria, Friuli Venezia Giulia e Piemonte, in quanto all’esito finale, si collocano al di sotto della media nazionale, mentre le scuole della Calabria e della Puglia si pongono ai primi posti della speciale classifica per gli eccellenti risultati che hanno saputo dare i ragazzi e per la notevole performance dei docenti. La stampa locale parla di ragazzi che in barba ai tanti luoghi comuni hanno sbaragliato i loro coetanei del nord; di ragazzi talmente bravi da riuscire ad arrivare là dove non sono riusciti i ragazzi delle scuole medie del nord; di ragazzi il cui rendimento scolastico si impone a livelli altissimi e con risultati che vanno dal nove al dieci. Altro dato da commentare positivamente è il brillante risultato ottenuto dalle studentesse calabresi a cui va la «palma res» contesa dagli studenti pugliesi. Stiamo parlando di eccellenze! Cosa dire di più. Sono notizie che impongono, di fatto, un diverso modo di ragionare. Probabilmente nei giorni a venire sentiremo commenti contrastanti sul valore effettivo da dare ai dati raccolti e resi noti con venature polemiche sulle scuole del sud come già accaduto in passato. Probabilmente leggeremo battute come l’induzione a barare durante le prove da parte dei ragazzi che si affidano alla tolleranza di chi deve vigilare o le valutazioni da parte dei docenti meridionali propensi a largheggiare, influendo così sull’esito finale. Accuse che si ripetono ogni qualvolta siamo chiamati ad analizzare i dati degli esiti di valutazione; luoghi comuni che si affacciano alla finestra in modo ossessionante e ripetitivo fino a spingersi oltre per trasformarsi in pregiudizi duri a morire. Aveva ragione Einstein: «E’ più facile spezzare un atomo che un pregiudizio». Un fatto, però, è certo. Le scuole del sud godono di risorse economiche europee che fanno sentire il loro peso al momento di mettere in campo le attività formative. Lo stesso Ministero ha recentemente informato che alle scuole del meridione andranno maggiori risorse per l’informatizzazione del sistema scolastico. Ma questo non toglie nulla all’impegno dei tanti docenti che tra difficoltà strutturali e disagi ambientali, riescono a impostare progetti e utilizzare al meglio risorse tanto da offrire ai ragazzi un cammino forse tra mille difficoltà, ma esaltante non solo dal punto di vista professionale, ma anche dal puto di vista dei risultati così ampiamente certificati. Di fronte a questi esiti occorre cambiare le strutture mentali, aprire la mente, cioè, per superare i tradizionali parametri che ormai fanno parte di una sfera cognitiva che continua a vedere «cose losche», poco attendibili, là dove c’è semplicemente una normale crescita culturale, informativa e formativa. Occorre ben disporsi ai cambiamenti, a rendersi disponibili a una diversa analisi che parta da una diversa visione della scuola geograficamente distribuita, ma culturalmente unita. Sbagliano i giornali a parlare di scuole del nord e di scuole del sud come un confine di rottura. Superare questo approccio culturale è indispensabile se ci si vuole avvicinare con umiltà ai cambiamenti che devono essere soprattutto interni. Certo che sostituire un abito mentale come quello di vedere le scuole geograficamente e progettualmente separate è una sfida resa difficile dalla stessa cultura giornalistica che affonda la penna nella divisione tra scuole che non esiste e non c’è. E’ pur vero che molte scuole del sud con strutture più fatiscenti riescono ad offrire opportunità formative notevoli e più incisive, mentre le scuole del nord con strutture più rispondenti alle esigenze didattiche, rischiano di portare i ragazzi ad un livello formativo più modesto per carenza di risorse. Questo però non deve deviare la riflessione di merito che con onestà intellettuale deve renderci consapevoli che è «meglio far morire, al nostro posto, le nostre ipotesi» (Popper), piuttosto che logorarsi l’animo e la mente su come è possibile che in certi ambienti disagiati si riesca a raggiungere risultati più agevoli. Basta credere in quello che si fa, trasmettendo entusiasmo e passione.
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