Un finale da incubo quello vissuto dagli studenti del Liceo «Nicolò Copernico» di Pavia la mattina dell’ultimo giorno di scuola. Galeotti furono gli sfottò da lavare come un’onta subita dagli studenti del vicino Istituto Tecnico «Gerolamo Cardano» che arrabbiati come non mai decidono di darsi appuntamento nel piazzale antistante il Liceo per dare una lezione agli storici “rivali” liceali. Ma questa volta si è andati decisamente oltre. Una gran massa di studenti chiamati a raccolta con mezzi che la tecnologia oggi mette a disposizione, danno il via a un vero e proprio raid organizzato con tanto di assalto alla scuola. Sotto una copertura fumogena vola un po’ di tutto: oggetti commestibili (uova e pesce), bottiglie di plastica piene d’acqua, cartelli stradali divelti, ombrelli, lattine. Il culmine viene raggiunto con l’assalto finale caratterizzato da corpo a corpo consumato tra i rappresentanti dei due istituti pavesi. L’obiettivo è quello di sfondare l’entrata principale del Liceo per entrare all’interno e continuare lo scontro nelle classi. A questo punto fanno la loro comparsa calci, pugni, schiaffi resi ancor più dolorosi da una serie di spintoni, ma anche violenti strattoni con cadute anche di qualche professore che ha dovuto ricorrere alle prime e immediate cure garantite dai sanitari prontamente accorsi su segnalazione degli abitanti della zona. Una mattinata assurda e surreale che l’arrivo di poliziotti e carabinieri ha consentito di evitare il peggio. Questa è la breve cronaca di una giornata scolastica cominciata male e finita peggio, da alcuni ritenuta frutto dell’esuberanza studentesca, da molti genitori giustificata come una bravata inserita in un contesto scolastico tipico della fine dell’anno. Naturalmente non sono d’accordo né sull’esuberanza studentesca, né sul concetto di contesto scolastico a cui qualcuno ricorre per trovare una giustificazione. La violenza perpetrata e mascherata non è mai una bravata. Come può definirsi una bravata il ricovero in ospedale di insegnanti e studenti vittime di un’assurda violenza? Forse che sono stati degli sfigati quegli studenti e quei professori che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato? Nossignore. Niente di tutto ciò. La cronaca di questa assurda mattinata mi riporta, per certi versi, alla trama del film «La guerra dei cafoni» apparso recentemente nelle sale cinematografiche, ambientato sulla costa salentina dove due bande di adolescenti divisi dalla classe sociale di appartenenza (figli di pescatori contro figli dei benestanti) si affrontano senza esclusione di colpi per primeggiare su un pezzo di spiaggia. A Pavia la mala pianta di una certa cultura studentesca ha reso arida l’esperienza scolastica. Ora inizia la conta. Ci sono tante immagini e tanti filmati in possesso delle forze dell’ordine prontamente utilizzate per identificare i caporioni più violenti e facinorosi, i gradassoni che fanno i forti con i deboli e i deboli con i forti, i responsabili dei tanti danni causati a persone e strutture. La mia collega dell’ITIS «Cardano» ha già annunciato sui giornali locali la linea dura consapevole del fatto che tutto è accaduto fuori dalla scuola e a lezioni concluse. Proporrà ai consigli di classe di assegnare il cinque in condotta per tutti coloro che, una volta identificati dalle forze dell’ordine, si siano resi responsabili di atti violenti. La conseguenza? Bocciatura automatica. Una soluzione che, a mio parere, aprirebbe la strada a una serie di contenziosi giuridici dall’esito incerto. Sono convinto che i genitori scenderanno in campo a fianco dei figli, trascinando preside e professori in tribunale per respingere il cinque in condotta e quindi la bocciatura. Personalmente avrei scelto un’altra strada. Quale? Agli studenti identificati dagli organi di polizia come responsabili di atti violenti, avrei negato ogni tipo di aiuto in sede di scrutinio finale. Questo potrebbe voler dire assegnare alle teste calde identificate il «Giudizio Sospeso», ovvero costringerli a uno studio estivo di una o più materie, un impegno da alternare a un’obbligatoria esperienza di volontariato sociale (assistere ad esempio il prof. che nella caduta si è rotto il femore) e lasciare ogni decisione definitiva agli esami di settembre. Associare un ricatto sociale a un impegno di studio offrirebbe uno scenario che ristabilirebbe, a mio giudizio, un equilibrio tra le parti. In tal modo uno studente meritevole potrebbe sempre contare sull’aiuto dei docenti, al contrario dei violenti e facinorosi che, dal punto di vista educativo, non sono ritenuti meritevoli né di aiuto né di comprensione. Questi ragazzi devono capire che il ricorso alla violenza è sempre segno di debolezza. Ce lo ricorda Benedetto Croce, filosofo e Ministro della Pubblica Istruzione all’inizio del novecento quando scrive che «La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna ma soltanto distruggitrice». Vedere studenti vivere l’ultimo giorno di scuola scatenarsi con dei rituali che facilmente sconfinano nell’intollerabile, non è un bel vedere. Sono fatti che lasciano l’amaro in bocca. Oggi nell’ultimo giorno di scuola vanno di moda i gavettoni con bottiglie di spumante all’uscita di scuola; utilizzo di fumogeni colorati quasi che si fosse allo stadio; prodotti commestibili come uova e pesce lanciati in barba ad ogni valore etico del cibo. Bisogna che qualcuno dica a questi ragazzi che la goliardia è ben accetta, ma è ben altra cosa che la violenza e quest’ultima non potrà mai essere legittimata. È stata definita una goliardata anche il gesto dei tifosi laziali che hanno appeso impiccati dei manichini, con la maglia della Roma, su un ponte vicino al Colosseo. Che tristezza! La goliardia presuppone un atteggiamento spensierato e gaudente l’esatto contrario dell’atto violento che presuppone l’uso della forza per recare danno ad altri. Da un po’ di anni a questa parte il finale d’anno scolastico è diventato un rebus, un incubo per le scuole che lo vivono con tanto di scaramanzia, confidando nella buona sorte affinché tutto fili liscio. Io mi affido sempre al buon Dio. Siamo spesso spettatori inermi di manifestazioni di violenza. Compito della scuola è quello di educare i ragazzi a comprendere sull’inutilità e sulla stupidità del ricorso alla violenza. Compito difficile dal punto di vista educativo dal momento che richiama a un miasma che si impadronisce delle coscienze più deboli per buttarli nella mischia fisicamente ed emotivamente e rispondere così a un rituale che giustifica ogni mezzo.Gli studenti di Pavia hanno ottenuto uno scopo: ancora una volta abbiamo raccontato la violenza!
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