Sono trascorsi oltre cinque anni. Cinque interminabili anni di indicibili sofferenze, di decine di milioni di vite spezzate. In Europa, la guerra sta ormai volgendo al termine. Sul fronte occidentale si è esaurita la velleitaria offensiva tedesca nelle Ardenne: le truppe germaniche stanno per essere definitivamente costrette sulla difensiva. A oriente, l’Armata Rossa si sta aprendo la strada verso Berlino.Nel corso dell’avanzata, i soldati sovietici giungono al campo nazista di Auschwitz-Birkenau.Ne divelgono le barriere.Ignorano, forse, che in realtà stanno spalancando le porte dell’inferno. Attraverso il filo spinato spuntano occhi diventati enormi, sguardi ormai spenti e inespressivi. Scheletri umani con indosso sudici e consunti pigiami a righe, si trascinano spossati sulla neve e attorniano lentamente le divise a righe, si trascinano spossati sulla neve e attorniano lentamente le divise dell’Armata Rossa. Lì, ad Auschwitz-Birkenau, un milione e mezzo tra donne, uomini e bambini, sono stati deportati e trucidati con ferocia e crudeltà. Peggio: con indifferenza. Con indifferente efficacia.È il 27 gennaio 1945. Cinquantacinque anni dopo, quella data sarà consacrata Giorno della Memoria, “(…) in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti”.Così l’articolo 1 della legge 20 luglio 2000, n. 211, che lo istituisce: «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, ‘Giorno della Memoria’, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.».***«Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere. Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.»È un brano tratto da La notte di Elie Wiesel, premio Nobel per la Pace 1986, è lo straziante ricordo della sua prima notte trascorsa a Birkenau.Elie Wiesel vi arrivò appena ragazzo.Venne in seguito ristretto a Buchenwald, dove assistette impotente alla morte del padre.Per i sopravvissuti, come per quanti i cancelli dell’agonia e del martirio non vennero invece abbattuti in tempo, la legge n. 211 del 2000 commemora la data del 27 gennaio per “(…) conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa e affinché simili eventi non possano mai più accadere”.La memoria...Senza memoria non possono esservi coscienza, valori e principî comuni e condivisi, la speranza di e in un futuro migliore. La memoria va allora alimentata, gelosamente conservata e difesa, rispettata.E non soltanto in occasioni come quella di ieri, ma in ogni istante della vita di ciascuno e delle relative comunità.Sappiamo bene che nell’ordine naturale della esistenza rientrino momenti ed eventi dolorosi e, tra di essi, la perdita di coloro che più amiamo.Una perdita tuttavia che, se connaturata alla finitezza e precarietà della condizione umana, è possibile comprendere, accettare e, con il tempo, affidare alla quiete della rassegnazione.Viceversa, quando così non è o non sia stato, ecco diventare assai meno remota la possibilità di precipitare nell’abisso infinito della disperazione.E, davvero, non c’è stato, non c’è, né può esserci, un solo motivo che possa in alcun modo giustificare quello che è avvenuto nei campi nazisti di concentramento e di sterminio.Anche per questo sta a ciascuno di noi custodire, e tramandare alle generazioni che verranno, l’Italia e l’Europa libere e democratiche che sono state poi edificate e che abbiamo avuto in sorte il privilegio di ereditare.L’Italia, libera e democratica, in cui nessuno debba avere timore:• di manifestare il proprio pensiero;• di osservare un credo religioso differente da quello della maggioranza oppure, se lo preferisca, di non professarne alcuno;• di essere additato con riprovazione, schernito ed emarginato a causa di una diversità di genere, del colore della pelle, della appartenenza a una qualsiasi etnia, di una menomazione fisica o mentale;• di essere prelevato per strada all’improvviso e senza alcuna giustificazione per essere condotto, torturato, ucciso e dimenticato chissà dove.L’Italia, dunque, libera e democratica, che riconosce e tutela i diritti fondamentali dell’individuo.L’Italia che ripudia la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali.L’Italia che non esita a inviare i propri figli in remoti angoli della terra per contribuire ad assicurare anche a lontane, e perfino sconosciute popolazioni, un avvenire di pace, concordia e prosperità.Questo, e tanto altro ancora, è l’Italia che molto deve a quanti abbiano subìto quegli orrori e quelle tremende devastazioni.E dunque:• agli internati, ai seviziati, ai trucidati nei campi nazisti di concentramento e di sterminio;• a coloro che, con il loro coraggio, si sono opposti alla follia del progetto di sterminio e, a rischio della propria stessa esistenza, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati;• a quelle spose, madri, figlie, sorelle;• a quegli sposi, padri, figli, fratelli,qui, oggi e per sempre, rivolgiamo il nostro immenso ringraziamento.È a loro che qui, oggi e per sempre, riaffermiamo il solenne impegno “(…) affinché”, come ammonisce la legge istitutiva del Giorno della Memoria, “simili eventi non possano mai più accadere”.
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