Cronaca
Mercoledì 21 Marzo 2012
Sotto il ponte il covo degli spacciatori
Blitz nel tunnel della tangenziale alla Barbina
Un bazar della droga, in riva all’Adda, con il ponte della tangenziale come “casa” e un chilo abbondante di hascisc venduto ogni settimana. Era l’attività della banda di pusher maghrebini sgominata dai carabinieri di Lodi, piombati mercoledì sul covo degli spacciatori per quello che il nuovo comandante del capoluogo, il capitano Valerio Nestola, ha definito «un durissimo colpo al traffico degli stupefacenti». Nelle reti dei militari dell’aliquota radiomobile e del nucleo operativo è finito un pusher di 20 anni, tunisino, mentre altri due complici sono incalzati dai carabinieri dopo la loro precipitosa fuga nei campi. L’area golenale in zona Barbina, con i suoi “nascondigli” naturali e la difficoltà per i mezzi di raggiungerla, è riuscita a proteggerli ancora una volta, ma solo parzialmente: preso uno degli spacciatori, e smantellato il “mini cartello”, i militari stanno procedendo nell’identificazione di coloro che, per circa un mese, hanno visto rifornire di “fumo” decine e decine di clienti da ogni direzione, hinterland milanese compreso. L’operazione, scaturita dalle numerosi segnalazioni lanciate dai cittadini sul degrado del luogo e sulla sospetta frequenza di tossicodipendenti, è scattata all’alba con una manovra d’accerchiamento che ha permesso ai militari di sorprendere praticamente nel sonno gli spacciatori.
Quest’ultimi si erano rifugiati nella sorta di tunnel sotto il cavalcavia della tangenziale, attrezzato a mo’ di rifugio con tanto di materassi e separè, e che per l’Arma era diventata il loro autentico “domicilio” lodigiano. Ma mentre due dei tre pusher presenti sono riusciti a scappare nei campi, il 20enne A.M., tunisino senza documenti con precedenti per ricettazione è finito nella mani dei carabinieri, che l’hanno neutralizzato e arrestato. Nel covo, i militari hanno trovato 411 grammi di hascisc, diviso i quattro panetti e in alcuni piccoli frammenti, nonché tre taglierini e altrettanti telefoni cellulari per contattare la clientela. Clientela che, forse, la gang di spacciatori era solita raggiungere anche in bicicletta, il mezzo usato per spostarsi in città, rifornirsi e, forse, vendere in stile “pony express”: i carabinieri hanno infatti recuperato giusto tre velocipedi, probabilmente rubate, che ora sono custodite in caserma in attesa di essere riconosciute dai legittimi proprietari. Il giro d’affari del “supermarket della droga” in riva al fiume era piuttosto sostenuto: al ritmo stimato di un chilo a settimana, dai portafogli dei giovani consumatori alle tasche dei pusher sarebbero finiti almeno seimila euro ogni sette giorni.
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