Il Consiglio dei ministri ha approvato il 19 maggio il decreto legge “Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale” che introduce già dal prossimo settembre l’obbligo delle vaccinazioni per l’iscrizione a scuola. Obiettivo del provvedimento, spiega una nota di Palazzo Chigi, “garantire in maniera omogenea sul territorio nazionale le attività dirette alla prevenzione, al contenimento e alla riduzione dei rischi per la salute pubblica con particolare riferimento al mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, superando l’attuale frammentazione normativa”. In base al decreto, solo se vaccinati i bambini nella fascia di età da 0 a 6 anni potranno essere iscritti al nido o alla scuola dell’infanzia. Obbligatori anche i vaccini nelle scuole dell’obbligo, cioè per i ragazzi da 7 a 16 anni. Tuttavia, per assicurare a questi ultimi il diritto all’istruzione anche in caso di mancata vaccinazione, sarà comunque garantita l’iscrizione scolastica ma scatterà una segnalazione all’azienda sanitaria di competenza. Previste per i genitori sanzioni annue da 500 a 7.500 euro (aumentate anche fino a 30 volte rispetto alle attuali), e perfino la segnalazione della Asl al Tribunale dei minorenni per l’avvio dell’iter di sospensione della potestà genitoriale.
Ampliata da 4 a 12 la platea delle vaccinazioni obbligatorie secondo le indicazioni del Piano nazionale di prevenzione vaccinale. Si tratta dei vaccini contro polio, difterite, tetano, epatite b, pertosse, emofilo b, meningococco b e c, morbillo, rosolia, parotite e varicella. Queste vaccinazioni potranno essere omesse o differite solo in caso di accertato pericolo per la salute del bambino, in relazione a specifiche condizioni cliniche certificate dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta. Dal prossimo 1° giugno il ministero della Salute avvierà una campagna straordinaria di sensibilizzazione per la popolazione sull’importanza delle vaccinazioni per la tutela della salute.
«Si tratta certamente di un compromesso, sarebbe stato preferibile estendere l’obbligo a tutte le fasce d’età; tuttavia costituisce un passaggio epocale perché si ristabilisce la responsabilità di sanità pubblica, soprattutto in termini di emergenza come quella attuale sul morbillo, e si garantisce la possibilità per l’Italia, additata da Usa e Israele come Paese ‘untore’, di mettere in moto una strategia di recupero», afferma Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità (Iss) al quale abbiamo chiesto un parere sul provvedimento.
La gente si domanda se era necessario estendere a 12 il numero dei vaccini obbligatori e quali saranno i costi per i cittadini. «Sono le 12 vaccinazioni – sostiene Ricciardi - previste nel Piano nazionale di prevenzione. Con il provvedimento non ci saranno più differenze regionali tra vaccinazioni facoltative e obbligatorie, già tutte comunque raccomandate. Nel nostro Paese per alcune malattie infettive, come ad esempio il morbillo, la soglia di protezione vaccinale dei bambini era scesa all’85%, molto al di sotto di quel 95% necessario per garantire la “immunità di gregge” della popolazione, ossia la copertura che evita la malattia a chi non può essere vaccinato. I cittadini non dovranno pagare nulla perché tutti questi vaccini sono inclusi nei Lea (Livelli essenziali di assistenza) come prestazione sanitaria gratuita».
Che cosa pensa delle “misure-deterrente” previste per chi non intende vaccinare i propri figli di 7-16 anni?
«Ancorché onerosa – dichiara sempre Ricciardi - la multa da sola non è risolutiva. Quanto al rischio di sospensione della potestà genitoriale sono certo che nel 99% dei casi non vi sarà bisogno di ricorrervi. Tuttavia, di fronte all’eventualità di ripetuti rifiuti all’invito a far vaccinare i figli, cioè di fronte a un caso estremo, è bene venga contemplata anche questa ipotesi. I tempi di applicazione del decreto sono brevissimi e questa è una bella sfida per il ministero, il governo, le regioni, i presidi, ma da raccogliere tempestivamente. Non possiamo perdere altro tempo: occorre un gioco di squadra nell’interesse soprattutto dei più vulnerabili».
«La questione – conclude - è anzitutto culturale di fronte alla scarsa percezione nell’opinione pubblica del rischio di molte malattie infettive ritenute pressoché innocue o debellate… Occorre certamente un’opera d’informazione, responsabilizzazione e persuasione. Una sfida il cui unico criterio guida deve essere l’evidenza scientifica. A farsene carico dovranno essere medici e personale sanitario, scuola, media, ma i tempi non saranno brevi. Ed è proprio all’insegna dell’evidenza scientifica che verrà avviata dal 1° giugno una campagna informativa e di sensibilizzazione sotto la regia del ministero della Salute. C’è da sperare che la coercizione lasci il posto alla convinzione della necessità del vaccino come normale forma di profilassi per i propri figli. Io sono ottimista».
© RIPRODUZIONE RISERVATA