Quello che emerge, nella registrazione di una telefonata dell’aprile 2009, diffusa in questi giorni, tra l’allora responsabile della Protezione Civile, Guido Bertolaso e l’ex Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, sulla ricostruzione de L’Aquila devastata dal terremoto, è null’altro che la verità. Era il tempo della visita di Berlusconi nella città e agli organi d’informazione si diceva che la ricostruzione era prevista entro cinque anni. Bertolaso affermava: “Sono contento che Berlusconi venga; è importantissimo che lui veda il centro storico, deve capire che noi non possiamo ristrutturarlo. Non deve dire ‘rimettiamo dentro il centro storico gli abitanti de L’Aquila fra 28 mesi’. È un massacro; li rimettiamo fra 28 anni. Ti sto dicendo la verità”. Tutti sapevano che Bertolaso diceva la verità, perché tutti conoscono la storia d’Italia e quella del Sud, in particolare, dove anche i terremoti hanno costituito sempre dei grandi affari.Prendiamo il caso del Belice del 1968. Tra il 14 e il 15 gennaio, un violentissimo terremoto devasta Gibellina, Salaparuta, Vita, Poggioreale, Santa Ninfa. Calatafimi e Salemi vengono rasi al suolo. 370 persone muoiono, 90mila rimangono senza tetto. A distanza di 46 anni, sono centinaia le abitazioni in cui mancano le opere di urbanizzazione primaria. Tra il 1968 e il 1995 lo Stato erogò 2.272 miliardi di vecchie lire. Il Parlamento, nel 2006, stimò un ulteriore finanziamento di 450 milioni di euro: dei 300 milioni di euro previsti per l’edilizia privata e dei 150 milioni di euro da destinare alle opere pubbliche sono stati stanziati, nella legge di stabilità 2013, 45 milioni di euro di cui solo 10 trasferiti nelle casse comunali e utilizzati per l’edilizia privata. Ancora più inquietante il percorso della ricostruzione per il terremoto che colpì l’Irpinia il 20 novembre del 1980: 2914 morti, 9mila feriti, 280mila sfollati, 99 Comuni devastati, 18 rasi al suolo. L’indagine del 2012, disposta dalla Commissione insediata presso il Ministero delle Infrastrutture, del 2012, evidenziò che per la ricostruzione abitativa in Campania sono stati erogati 14 mila e 500 miliardi di vecchie lire, a cui si aggiungono i 15 mila 500 miliardi destinati al piano di edilizia residenziale per Napoli. I fondi dell’articolo 32 della legge 219, destinati alle aree industriali di Campania e Basilicata, sono stati pari a 3,2 miliardi di euro. Complessivamente, l’impegno economico per la ricostruzione e lo sviluppo delle zone terremotate, ad oggi è stato pari a 29 miliardi, 9,3 dei quali utilizzati per la ricostruzione abitativa. Il dato disaggregato fa emergere che soltanto un terzo degli stanziamenti statali è stato utilizzato per le case e che alla provincia di Avellino, quella più duramente colpita, sono stati destinati 4,4 miliardi. La Regione Campania ha stimato che per concludere definitivamente la ricostruzione, occorrerebbero quasi 4 miliardi, a fronte dei 286 milioni che i Comuni terremotati hanno a disposizione, ma non hanno ancora speso. Oltre le lungaggini burocratiche e amministrative, su questi eventi hanno pesato – come hanno dimostrato numerose inchieste giudiziarie - gli interessi di settori consistenti della criminalità organizzata, che si sono coniugati con quelli dell’imprenditoria “pulita”. Sono trascorsi “solo” 4 anni e 9 mesi dal terremoto de L’Aquila: 308 vittime, oltre 1500 feriti e oltre 10 miliardi di euro di danni stimati. C’è ancora molto tempo per “contare” la solitudine delle famiglie delle vittime e di coloro che sono rimasti.
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