Non servono “allarmismi” né “toni accesi” in materia di sbarchi, immigrazione e diritto d’asilo. Occorre gestire il fenomeno con “senso di responsabilità”, mettendo a punto un sistema “più strutturato”, per evitare ogni volta di “ricominciare da zero” e trovarsi a dover gestire “l’emergenza”. È l’invito che la presidente della Camera dei deputati Laura Boldrini ha rivolto oggi agli oltre 100 delegati di 60 Caritas diocesane e Caritas nazionali del bacino del Mediterraneo, in apertura del “Migramed Meeting”, l’incontro annuale promosso da Caritas italiana. L’incontro è proseguito fino a ieri, 24 maggio, a Otranto. La presidente Boldrini ha sottolineato l’importanza del ruolo della Caritas, soprattutto perché lavorando in molti Paesi “può creare una sinergia” e “far sì che le buone pratiche vengano messe a disposizione di tutti” per organizzare “un’accoglienza più adeguata”. “È un lavoro che ho sostenuto come portavoce dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati - ha detto - e ritengo importante valorizzare anche in questa mia posizione di Presidente della Camera”. Accogliere i rifugiati. Purtroppo, ha osservato, “le emergenze umanitarie non finiranno finché ci saranno situazioni di conflitto, fintanto che ci saranno abusi dei diritti umani delle persone”. La posizione geografica dell’Italia è tale per cui “non deve meravigliare che ci possano essere persone che arrivano e chiedono aiuto e protezione internazionale”. Boldrini ha ricordato i numeri della crisi in Siria, con 4 milioni di sfollati interni e un milione e mezzo nei Paesi confinanti. In Italia lo scorso anno sono arrivate solo “300 persone di nazionalità siriana”, mentre la Giordania, con 6 milioni di abitanti, ha ospitato dall’inizio della crisi “500mila siriani e continua a tenere le frontiere aperte”. E come la Giordania anche i Paesi limitrofi, come Turchia e Libano. “La comunità internazionale - ha affermato - oltre ad aiutare questi Paesi a farsi carico dell’accoglienza, dovrebbe capire che se i rifugiati si spostano e arrivano anche in Europa” vanno accolti “con sobrietà, con organizzazione”. “Gli allarmismi non servono”, ha ribadito. Boldrini ha citato a questo proposito l’esempio del conflitto in Libia nel 2011, quando fuggirono 1 milione e 300mila persone. “Ma queste persone non hanno attraversato il Mediterraneo come esponenti delle istituzioni andavano dicendo - ha fatto notare-, preparando l’opinione pubblica a una situazione difficile, dicendo che ci sarebbe stato uno tsunami umano”. Chi fuggiva si è riversato invece nei Paesi confinanti, ossia Egitto e Tunisia, che nonostante l’instabilità della “primavera araba” hanno tenuto le frontiere aperte. “In Italia ne sono arrivati circa 60mila - ha ricordato -. Eppure, per i toni accesi che tutti usavano, specialmente chi aveva ruoli istituzionali, sembrava che tutti si fossero riversati qui. Questo non serve, non aiuta. È importante che ci sia senso di responsabilità anche di fronte a queste situazioni”. “Fa parte della natura umana cercare rifugio dalle persecuzioni e dalla violenza - ha aggiunto - e finché questo persisterà ci saranno spostamenti di popolazione. O si lavora di più a livello diplomatico e negoziale e ci si impegna di più per dare delle risposte a situazioni di stallo e crisi che vanno avanti da decenni, oppure bisogna essere pronti, senza allarmismi e panico, a dare risposte secondo gli obblighi internazionali” come la Convenzione di Ginevra.Potenziare il Sistema di protezione per richiedenti asilo. “L’Italia - ha sottolineato la presidente della Camera - ha tutte le carte in regola per fare la sua parte”. A suo avviso bisogna “investire sulle buone pratiche”. “Ho l’impressione - ha precisato - che in materia di immigrazione, e di asilo in particolare, ogni volta si debba un po’ ricominciare da zero, ogni volta si parla di ‘emergenza’”. Invece, ha consigliato, “bisognerebbe lavorare di più, dare risposte più strutturate”. “Il mio consiglio - ha concluso -, dopo tanti anni di esperienza in questo ambito, è di mettere a punto un sistema strutturato, da migliorare nel tempo”. Il suo auspicio è che il sistema dello Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) “possa essere allargato, rafforzato e potenziato. Perché è una buona risposta ai bisogni di protezione sia dei richiedenti asilo che di chi ottiene protezione internazionale”.
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