Fare diga contro le alcol-dipendenze, sensibilizzare sulle gravi conseguenze del bere smodato, creare una nuova coscienza del bere responsabile. I dati sono allarmanti se in Italia, come afferma il ministero della Salute, 1 milione di persone è dipendente dall’alcool e 8 milioni sono a rischio. Per questa ragione 5 società scientifiche del nostro Paese (Società italiana di alcologia, Società italiana di psichiatria, Società italiana psichiatria delle dipendenze, Federazione italiana operatori dei dipartimenti e servizi delle dipendenze, Società italiana tossicodipendenze) si sono unite per realizzare una campagna allo scopo di sensibilizzare sui rischi dell’abuso di alcol, soprattutto tra i giovani. Obiettivo da raggiungere è “Un finale migliore”, come suggerito dal titolo dell’iniziativa. Secondo i dati della sesta indagine Osservatorio-Doxa del 2011, forniti da Michele Contel, segretario generale dell’Osservatorio permanente su giovani e alcool, sul totale della popolazione italiana da 13 anni e oltre il 79,5% è consumatore di sostanze alcoliche, mentre il 20% è astemio. La fascia di età in cui si consuma di più è tra i 25 e i 55 anni. Su 100 italiani, il 63% è consumatore regolare, il 15,6% occasionale, il 21,4% non consumatore. Fra le bevande, il 64% beve vino, il 56% consuma birra, il 34% aperitivi, il 23% superalcoolici e il 12% altre bevande alcoliche. Rispetto alla precedente indagine del 2005, il consumo di birra è aumentato dell’1%, quello di vino diminuito del 4% e anche il consumo di superalcoolici è in calo. “L’Italia è una società che ha assunto ormai uno stile urbano”, dice Contel, per cui “i consumi nella pausa pranzo che c’erano nella società precedente sono spariti”. Ma ciò non basta a far cessare l’allarme, specie verso i giovani, primi osservati speciali. Secondo l’indagine Doxa cominciano ad assaggiare sostanze alcoliche tra gli 11 e i 13 anni e a consumare verso i 15. “Il rischio per la popolazione giovane è acuto”, prosegue Contel, “registriamo spesso consumi incontrollati, 5-6 drink lontano dai pasti, magari per sballare e per fare gare di resistenza (è il fenomeno del cosiddetto binge drinking, ndr)”. “Le bibite diventano un prodotto ricreativo ed edonistico”, con gravi rischi, fra i quali Contel cita quello degli incidenti stradali, la causa più frequente di mortalità tra i giovani. Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici (Aippc), definisce “impressionante la precocità con la quale i ragazzini arrivano a contatto con l’alcol”, richiamando un’altra grave forma di dipendenza: i cosiddetti tour alcolici, tendenza diffusa in diverse città europee che vede i giovanissimi frequentare nella stessa serata diversi locali bevendo ogni volta qualcosa.I rischi indotti dall’abuso di sostanze alcoliche sono ampi, come sottolinea Giuseppe Battimelli, vicepresidente nazionale dell’Associazione medici cattolici italiani (Amci). “Siamo a contatto tutti i giorni con un problema che coinvolge le giovani generazioni se non addirittura gli adolescenti. Oggi il bere occasionale, quello del sabato e la domenica è diventato una forma dello stare insieme, ma può condurre ad una dipendenza psicologica e fisica e poi sfociare in quella psichiatrica. Possono esserci forme acute e croniche di intossicazione, sofferenze epatiche che possono trasformarsi in cirrosi, tachicardie”. Per educare al bere responsabile un ruolo fondamentale lo gioca la famiglia. Contel evidenzia un aspetto della prevenzione nei confronti delle alcol-dipendenze tra i giovani. Se l’alcol spesso sembra essere una sorta di paradiso “edonistico”, una “risposta di aiuto deve venire attraverso la ricostituzione di legami di senso e familiari”. La dipendenza da alcol diventa un problema sociale e familiare, quindi ha effetti anche in ambito lavorativo. In gioco, insomma, c’è “un finale migliore”.
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