Il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, ha presentato le linee strategiche relative ad un pacchetto di riforme per le infrastrutture. Il problema del Mezzogiorno viene considerato come centrale e richiede l’acquisizione di una consapevolezza nuova, che partendo dal gap nei confronti del Nord, ponga questo problema al centro di una nuova politica, tutta da impostare.Il Documento di Economia e Finanza approvato dal Governo, in vista degli adempimenti legislativi dei prossimi mesi, contiene in un suo allegato, le linee strategiche relative a un pacchetto di riforme per le infrastrutture. Il documento parte dalla considerazione che ‘‘la inefficienza della offerta trasportistica nel Mezzogiorno è spesso indicata come la causa della mancata crescita e del mancato sviluppo. Eppure, in molte aree del Mezzogiorno esistono assi viari e ferroviari con una elevata capacità residua, esistono ambiti metropolitani, come ad esempio la città di Napoli, in cui i km di reti metropolitane superano abbondantemente le soglie medie di realtà urbane come Milano e Torino’’. Viene inoltre indicata l’insufficiente “cultura logistica”, come causa della mancata crescita e del mancato sviluppo e si ritiene necessario acquisire “consapevolezza logistica” nelle scelte di investimento partendo dall’individuazione delle anomalie esistenti e da una valutazione critica delle loro origini e dei loro effetti’’. In particolare, le anomalie nelle realizzazioni infrastrutturali ‘‘testimoniano la difficolta’ - sostiene il documento - storicamente registrata nelle principali scelte di investimento pubblico nel Mezzogiorno, di rispondere alle reali esigenze della domanda con una offerta trasportistica e logistica piuttosto che con una mera offerta infrastrutturale’’. È necessario - si spiega - definire meglio le categorie di “tempo’ e di “funzione”. S’intende, per “tempo” la capacità di realizzare in tempi certi un’offerta compiuta e non una sommatoria di segmenti non legati al raggiungimento di un risultato misurabile in termini di soddisfazione della domanda; per “funzione”, la correlazione tra offerta infrastrutturale e completamento del ciclo della domanda. I propositi appaiono condivisibili, anche se si calano in un contesto generale per certi versi drammatico. Basti pensare che gli investimenti in opere pubbliche in Italia non riescono da molti anni a superare l’1,5% del Pil, un livello inferiore a quello della Francia (2,3%), della Germania (2,7%), della Spagna (3,7%). Si trasporta su strada quasi il 75% delle merci, rispetto ad una media del 38% nell’Unione Europea, mentre per nave viene trasportato il 14,3%, contro il 37,9% del resto d’Europa. C’è scarsa concorrenza nella liberalizzazione di molti settori del trasporto, che non consente spesso al cittadino e all’imprenditore di scegliere tra mezzi di trasporto diversi e tra gestori diversi di uno stesso mezzo e una normativa superata dai tempi. Nel Sud, la situazione è ancora più grave: sulla complessiva dotazione del Paese pari a 100 per quanto riguarda la rete autostradale, si registra una dotazione pari a 78,6 contro il 114 del Centro-Nord. Ma sono tutte le dotazioni di base della mobilità - le cosiddette “reti” di trasporto - ad essere insufficienti. Il valore dell’indice sintetico di dotazione infrastrutturale è pari a 49,4, meno della metà di quello ricavabile con riferimento al Centro-Nord, che è pari a 115,7. Allarmanti sono i dati che riguardano le infrastrutture per l’energia (la dotazione media è pari al 75,6% di quella nazionale) o, ancora, l’indice sintetico di dotazione di reti idriche, che registra un livello pari al 65,6% contro il 135,2% del Centro-Nord. L’acquisizione dei “gradi di libertà” di cui parla il documento del Governo, deve fare i conti, quindi, con questa situazione e impone un nuovo senso di responsabilità delle classi dirigenti meridionali, con l’obiettivo di risollevare il Mezzogiorno dalle condizioni di arretratezza in cui si trovano.
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