Guerriglia in Val Susa, assalto alla Tav, 188 feriti tra gli agenti: poche parole per dire una realtà di violenza che nulla ha a che vedere con la civile convivenza, che deve essere sempre fondata sul confronto e sul dialogo. “Inaudite azioni aggressive”: così bolla gli avvenimenti di domenica 3 luglio il presidente della Repubblica Napolitano che, nel suo comunicato, sa esprimere una valutazione equa e veritiera sul ruolo degli attori di quella triste vicenda. Sottolinea anzitutto la “legittimità” delle manifestazioni di dissenso dei cittadini della Val Susa; aggiunge la condanna delle “inaudite azioni aggressive” di “squadre militarizzate provenienti dal di fuori”, per concludere con la sottolineatura del ruolo dei “reparti di polizia chiamati a fare rispettare la legge”. Non entra nella questione politica specifica il Capo dello Stato, non si mette pro o contro i manifestanti: riconosce il loro diritto di contestare che va, comunque, coniugato con il dovere delle forze dell’Ordine di fare rispettare la legge. In questo contesto il no alla violenza è doveroso e necessario. L’aggressione non serve alla soluzione dei problemi, le pietre non aiutano il confronto.
Nello stesso pomeriggio del 3 luglio, i vescovi piemontesi diffondevano una nota nella quale si legge: “Deploriamo le azioni violente che si sono svolte nella giornata di oggi in Valle di Susa. Come pastori desideriamo far sentire tutta la nostra vicinanza e solidarietà a coloro che sono stati feriti, in particolare alle forze dell’Ordine che stanno operando in modo straordinario per garantire la legalità. Ribadiamo la necessità di mantenere il tono dialettico sulla questione legata all’apertura del cantiere per la costruzione della linea ferroviaria Torino-Lione nei limiti del confronto democratico rifuggendo da ogni forma di violenza diretta o indiretta, impegnandosi ad isolare coloro che non perseguono questo obiettivo strumentalizzando la situazione con parole e azioni che non aiutano il perseguimento del bene comune”.
Come altre volte è accaduto, la violenza è venuta da fuori, da gruppi di facinorosi giunti da varie parti d’Europa non primariamente per difendere la natura o i diritti dei valligiani, ma per esprimere la propria vocazione alla guerriglia per se stessa e contro le forze dell’Ordine, come scelta esistenziale mascherata da scelta ecologica e di civiltà. Ma non esiste civiltà là dove il confronto diventa conflitto, dove il dialogo voluto da gente onesta e pacifica, viene violentato dall’assalto armato; e la prima ecologia non può che essere “umana”, rispettosa di ogni uomo, della sua vita e della sua integrità. Bastonare e assalire con pietre e ammoniaca i poliziotti che fanno il loro dovere non è ecologia, ma barbarie. Tra le notizie negative di questa giornata c’è anche quella di qualche uomo politico che ha voluto giocare sulle parole, trasformando la violenza in eroismo e rivoluzione. Ma non è politica lo svendere la verità in cambio di qualche voto elettorale. La domenica di sangue non ha fatto un buon servizio alla Val Susa, né, tanto meno, all’Italia, alla politica e alla democrazia.
Un’ultima riflessione sull’arrivo dei violenti da tutta Europa, convocati, si sostiene, attraverso internet: ancora una volta i nuovi media, nati per essere strumenti di incontro tra gli uomini e i mondi, rivelano un’ambivalenza, da non sottovalutare.
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