Codogno, donna muore di cuore:chiesti sei mesi per un medico

Chiesti sei mesi di carcere per “omicidio colposo in concorso con altre cause” per un medico in servizio presso la cardiologia di Codogno, S.D., oggi 53enne, accusato di non aver impedito la morte di G.I., una donna residente nella zona di Orio Litta che si era spenta il 24 aprile del 2005 all’età di 77 anni. Il verdetto è atteso per l’inizio di aprile.

L’inchiesta era stata aperta presso la procura della Repubblica di Lodi, con il procuratore capo Giovanni Pescarzoli che aveva infine chiesto il rinvio a giudizio, a seguito di una denuncia presentata dalla famiglia della donna. «Volevano che si facesse chiarezza su quanto accaduto alla loro parente - ricorda l’avvocato Giorgio Bottani, che difende il cardiologo - ma non si sono costituiti parte civile né hanno chiesto danni al medico o all’ospedale». Il legale, dopo la richiesta di pena avanzata in aula dal pm Mario Bonizzoni, ha chiesto al giudice Angela Scalise l’assoluzione “perché il fatto non sussiste”. «Alla base di questa vicenda - ha spiegato il legale in aula - c’è una telefonata che un medico avrebbe fatto a un cardiologo dell’ospedale. Risulta che a quel tempo ne fossero in servizio sette, ma a mio parere chi aveva fornito quell’informazione durante l’asserita telefonata non poteva nemmeno essere S.D.».

La donna già da tempo soffriva di cuore e quel giorno avrebbe accusato un grave scompenso attorno alle 7.30 del mattino. Secondo la procura della Repubblica, il medico che per primo l’aveva presa in cura avrebbe contattato telefonicamente uno degli specialisti dell’ospedale, attorno alle 11.30 della mattinata stessa, per chiedere se alcuni marcatori riscontrati nelle analisi fossero compatibili con un recente infarto: l’ipotesi della pubblica accusa è che le cure avrebbero dovuto essere più tempestive, «ma non vi è traccia nel capo d’imputazione di quello che avrebbe dovuto essere il comportamento idoneo da parte del medico finito sotto accusa».

Il verdetto è tutt’altro che scontato. «Senza voler fare alcun riferimento al caso in questione - osserva l’avvocato Bottani - ho l’impressione che troppe volte vengano presentate querele contro i medici, che a questo punto rischiano di non poter più svolgere serenamente il proprio lavoro. Gli errori li possono commettere tutti, è innegabile, ma si è creato un clima che spesso porta a discutere in un’aula di tribunale fatti che invece rientrano nella normale possibilità di insuccesso di un percorso terapeutico».

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