«Don Bonelli, prete umile e povero»

San Rocco piange il sacerdote in paese da 44 anni

In paese lo conoscevano in molti perché era nato e abitava in una casa privata da oltre 44 anni. In diocesi era meno conosciuto perché, in vita, ha sempre amato la riservatezza. È morto don Angelo Bonelli, 91 anni, nato nel lontano 1920 e dal 1968 residente nella parrocchia di San Rocco, per tanti anni collaboratore pastorale della stessa parrocchia. I funerali saranno presieduti oggi nella parrocchiale (la salma si trovava in chiesa fin da ieri) di San Rocco al Porto alle 15 dal Vescovo di Lodi Giuseppe Merisi. Ordinato sacerdote il 21 settembre del 1946, don Bonelli era stato vicario parrocchiale a San Martino in Strada dal 1947 al 1950, poi a Caviaga dal 1950 al 1952, dal 1952 al 1953 a Orio Litta; dal 1953 a1 1955 a Turano; a Santa Maria della Fontana in Lodi dal gennaio 1955 e a Brembio dal 1957 al 1968.Fu un prete “zelante” e profondamente povero. Sottolineò con la sua vita la chiamata all’importanza della povertà: ebbene don Angelo fece della povertà – come segnalano alcuni preti che lo hanno conosciuto più da vicino - il primo impegno del suo ministero vissuto come mezzo indispensabile di apostolato sociale tra il popolo e come immedesimazione nei più poveri e fonte di grazia per la loro salvezza. Forte di questa grazia don Angelo visse sempre da povero, servendo la Chiesa, in particolare l’amata comunità di San Rocco al Porto. «L’ho incontrato a casa sua poco prima di Natale - spiega don Mario Marielli, vicario parrochiale a San Rocco dal 1986 al 1990 -: non celebrava più la Messa, viveva in casa e non usciva più ma la mente era sempre lucida, si ricordava di tutto; l’ultima volta mi aveva dato qualche indicazione sulla devozione di San Giuda Taddeo, Santo venerato nel Santuario della Grazie a Lodi; era buono e molto umile ed era un appassionato dell’arte; in questi giorni mi ero già proposto di visitarlo un’altra volta, è un dolore per me la sua morte».Per don Bonelli il rapporto tra povertà e servizio era evidente e fondante: non si poteva essere servi senza essere poveri e non si poteva essere poveri – nel senso evangelico della parola – senza essere servi. Il Concilio ha consacrato anche questa intuizione quando, nella “Lumen gentium”, afferma che la Chiesa è chiamata a seguire Gesù, divenuto servo e povero per arricchirci con la sua povertà, e a riconoscere nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo fondatore povero e sofferente. Per tanti anni visse la sofferenza di essere impossibilitato per un servizio a tempo pieno, ma continuò in ogni caso a dedicarsi alla preghiera e a collaborare nei servizi pastorali. Fin tanto la salute lo ha consentito, ha collaborato assiduamente nella parrocchia e negli ultimi anni, in particolare, la fonte della sua spiritualità erano il pane eucaristico ricevuto dai sacerdoti residenti e la preghiera quotidiana.«Era un sacerdote povero, lo si vedeva anche nel modo di vestire e parlare - spiega don Poggi, parroco della comunità fino al 1991 -. Era un sacerdote di altri tempi, ma era zelante, collaborava volentieri alla vita della parrocchia, celebrava la Santa Messa quotidiana, confessava ed era sempre presente alle celebrazioni della comunità. Credeva nel valore della religiosità, della rettitudine e sapeva con semplicità trasmettere i contenuti della fede anche con un linguaggio che potrebbe sembrare oggi superato, ma la sua semplicità conquistava il cuore di tutti i fedeli».

Giacinto Bosoni

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