Elisa, uccisa dal treno al passaggio a livello di Maleo: «Nessuna prova di guasti tecnici»

Archiviata l’indagine per omicidio colposo a carico di quattro tecnici di Rfi

«Il materiale probatorio a disposizione non appare accrescibile ulteriormente»: è una delle motivazioni in base alle quali il gip di Lodi ha archiviato nel giorni scorsi l’indagine per omicidio colposo a carico di quattro tecnici di Rete Ferroviaria Italiana, unici indagati a seguito della morte della 34enne Elisa Conzadori, investita da un treno con la sua auto al passaggio a livello di via Case Campagna a Maleo la mattina del 15 agosto 2020. A fare più male alla famiglia, che vive a Pizzighettone, la considerazione della magistratura che «non è impossibile né illogica la ricostruzione che vede la sbarra del passaggio a livello alzata dall’auto» della donna. Di base, i tre periti incaricati dalla procura della Repubblica di Lodi si sono scontrati con una “verità” tecnica che l’indagine non è riuscita a superare: «Il sistema Rce funzionava correttamente». Si tratta dell’impianto ferroviario che registra gli eventi, compresa l’apertura delle sbarre dei passaggi a livello, e che quella mattina non registrò l’apertura prima del passaggio del treno che investì Elisa. E quindi la conclusione del giudice: «Non esistono riscontri tecnici di anomalie o malfunzionamenti degli impianti che possono essere riconducibili all’incidente». E così c’era stata, da parte di uno dei consulenti del pm, la ricerca della spiegazione alternativa per capire come la donna possa essere finita sui binari con il passaggio a livello (teoricamente) chiuso. L’auto, una Citroen C1, avrebbe strisciato con il cofano e il parabrezza sotto la sbarra lato Codogno, l’avrebbe fatta alzare e così avrebbe avuto accesso al binario. Tesi che i legali della famiglia Conzadori hanno confutato non solo per la sua singolarità ma anche perché sulla sbarra del passaggio a livello non c’erano tracce della vernice rossa. E anche perché la sbarra, alzata di appena un metro mezzo, sarebbe poi ricaduta in chiusura. L’indagine era partita dalla testimonianza di un automobilista fermo dal lato di Maleo: «Ho visto la sbarra dal lato opposto alzarsi di scatto e oscillando». Altre quattro persone hanno testimoniato che la sbarra lato Codogno, dopo l’incidente, era alzata. Tra di loro c’è chi sostiene che la campana non suonava e la luce rossa era spenta. E ci sarebbe un testimone, che per ora l’autorità giudiziaria non ha sentito, pronto a sostenere di aver visto operai al lavoro sul passaggio a livello il giorno dopo l’incidente. Se così è stato, lo potevano fare, perché il sequestro, a quanto risulta, scattò solo giorni dopo.

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