«Esclusi dal tavolo»: Schneider in sciopero

Vertice istituzionale al comune di Guardamiglio per la vicenda del trasferimento della produzione Schneider nella Bergamasca, ma i sindacati che avevano chiesto l’incontro non sono invitati per richiesta dell’azienda, e in fabbrica scatta lo sciopero di quattro ore.

La multinazionale francese specializzata nella produzione di apparecchi elettronici di media tensione ha annunciato l’intenzione di trasferire i 160 dipendenti dello stabilimento di Guardamiglio, ex Areva, nello stabilimento di Stezzano, in provincia di Bergamo e finora a nulla sono valsi i tentativi dei sindacati di far ritornare l’azienda sui suoi passi. Dopo l’incontro di 15 giorni fa conclusosi con un muro contro muro, i sindacati hanno caldeggiato l’apertura di un tavolo di confronto istituzionale, e l’incontro è stato fissato finalmente per questa mattina alle 10 in comune a Guardamiglio.

Diverse le componenti invitate al tavolo istituzionale sia per parte amministrativa sia per parte sociale, ma non i sindacati: l’azienda l’ha posta come condizione indispensabile per avviare un confronto e l’amministrazione comunale di Guardamiglio l’ha accettato nell’ottica di aprire almeno un primo canale di dialogo e mediazione, con l’impegno poi a trasmettere i risultati dell’incontro ai sindacati.

Una decisione che non è piaciuta a Fiom Cgil e Fim Cisl che hanno indetto per questa mattina quattro ore di sciopero in fabbrica a partire dalle 8. Alle 9 è previsto un presidio-assemblea davanti ai cancelli della fabbrica e poi a partire dalle 10 un successivo picchetto davanti al municipio.

«È sconcertante che i sindacati chiedano un tavolo istituzionale di confronto, che il tavolo si faccia e che i sindacati non siano invitati - dice Laura Zangara della Fim Cisl -. È la prima volta che mi capita un’esperienza del genere e la dice lunga sulla volontà dell’azienda. Vediamo l’andamento del tavolo istituzionale, ma le amministrazioni si ricordino poi che il voto lo prendono o lo perdono dai lavoratori, non certo dall’azienda».

Il clima è già surriscaldato dall’annuncio dell’azienda di spostare la produzione a Bergamo, e ora questa incomprensione sul tavolo istituzionale potrebbe accendere la miccia di una nuova protesta massiccia. «Da una parte capisco l’atteggiamento del sindaco che vuole incontrare l’azienda per aprire un canale di mediazione, dall’altra però trovo assurdo che a un tavolo richiesto da noi si ponga il veto sulla nostra presenza - afferma Giovanni Ranzini della Fiom Cgil -. Formalmente la multinazionale afferma che è uno spostamento di produzione e che il lavoro, per chi vuole andare a Bergamo, ci sarà ancora. Ma è chiaramente una provocazione perché nessuno si può sobbarcare a cuor leggero una trasferta di oltre 70 chilometri ogni giorno. Nella migliore delle ipotesi c’è una riduzione di parte del personale, ma di questo non abbiamo ancora discusso. Per ora ci concentriamo per trovare soluzioni alternative e tenere qui l’azienda».

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