Cronaca / Basso Lodigiano
Mercoledì 29 Giugno 2011
La ricostruzione delle ultime ore prima del vuoto
Stava camminando nel vicolo alle spalle di via Mauri, intorno alle 12.30, da solo. È stata una vicina di casa della famiglia Dusi a vedere per l’ultima volta Mario quel martedì 29 giugno di un anno fa, i due si sono salutati e poi la donna se n’è tornata a casa. «Col senno di poi ci ha detto che le era sembrato strano vederlo lì, perché sapeva che a quell’ora era di solito già a casa - ricorda la figlia Michela -, nessuno però avrebbe potuto immaginare come sarebbero andate in seguito le cose». Lei stessa aveva incrociato il padre nemmeno un’ora prima, alle 11.45, mentre risaliva la viuzza che da piazza Cairoli sbuca in via Verdi. «Ero al mercato, piuttosto distante da lui ma l’ho riconosciuto - prosegue la giovane -, tre quarti d’ora più tardi l’avrebbe visto la mia vicina dalle parti di via Mauri e da quel momento in poi non si sarebbe saputo più niente». Un buio che le indagini a tappeto seguite alla scomparsa del 66enne non sono riuscite a diradare, e troppe incongruenze contribuiscono a mantenere fitto. «Mio padre era un uomo malato, aveva avuto un ictus e si presume che a quello ne sia seguito un altro che gli aveva fatto perdere la memoria - dice Michela -, prendeva otto pastiglie al giorno e a detta del suo medico di base, senza sarebbe sopravvissuto un mese al massimo». Faticava a muoversi, Mario Dusi, e il suo giro non si spingeva mai oltre la circonvallazione codognina. Come può essere arrivato in riva al Po o all’Adda, come in molti dicono? Quando anche soltanto immaginarlo vicino a una roggia, in campagna, risulta difficile. «Se una persona non risulta né viva né morta è altamente probabile che sia caduta in acqua - ragiona la figlia - ,come si sia spinto fin lì però resta un mistero».
Del resto non sono rari i casi di cadaveri venuti alla luce anche dopo molto tempo, quando oramai s’era smesso di cercarli. Un pensiero che spesso ricorre nella mente di Michela e della famiglia: vorrebbero sapere il padre vivo, ma potergli dare sepoltura servirebbe se non altro a «smettere di vivere nel grigio di una vita dove non hai neppure la rassegnazione».
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