Da ieri è ufficiale la decisione della multinazionale Unilever di chiudere la fabbrica di detergenti spagnola di Aranjuez, uno stabilimento gemello di quello di Casale per il tipo di lavorazioni e anche per le dimensioni, non dissimili. Ad Aranjuez ci sono 166 dipendenti contro i 190 circa della fabbrica di Casale. A Casale c’è poi la parte holding, uffici amministrativi e centro ricerca, che occupa altri 150 e più dipendenti.
La comunicazione della chiusura della fabbrica di Aranjuez era già avvenuta una decina di giorni fa e nella cittadina spagnola si sono già avute diverse manifestazioni di protesta e scioperi. Ieri la chiusura è stata ufficializzata formalmente al Coordinamento aziendale europeo, l’organismo sindacale extranazionale di Unilever di cui rappresentante italiano è Carlo Carelli, sindacalista della Rsu di Casale.
«Questa decisione arriva del tutto inaspettata ai dipendenti di Aranjuez e al Comitato aziendale europeo - si legge in una nota del coordinamento -. Sapevamo che erano stati rilevati problemi nella categoria dei detergenti, ma non abbiamo mai previsto che la realtà di Aranjuez arrivasse alla chiusura. Possiamo solo ipotizzare che forse le recenti riforme del diritto del lavoro spagnolo hanno favorire che questa decisione colpisse una fabbrica spagnola. Il Comitato aziendale europeo si oppone con veemenza alla prevista chiusura e ritiene che sia sbagliata. Unilever ha una responsabilità sociale nei confronti dei suoi dipendenti. Ma la responsabilità è molto più alta in un paese come la Spagna in cui l’economia soffre e la disoccupazione sfiora il 20 per cento. Ci aspettiamo che Unilever garantisca la sua responsabilità sociale nella misura massima».
La chiusura della fabbrica spagnola può diventare una cartina di tornasole per il futuro dello stabilimento casalino: le produzioni di Aranjuez sono le stesse del sito di Casale, e le scelte della multinazionale sul dislocamento dei volumi di produzione che cessano in Spagna potrebbero chiarire le strategie aziendali su Casale.
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