Stop a nuovi colossi della logistica nel Lodigiano. «Ci sono già tanti capannoni inutilizzati e mi pare che questa terra abbia già pagato un prezzo molto alto in termini di prefabbricati, strade, cemento e mega centrali» dice Alessandro Ubiali, Presidente della Coldiretti di Milano Lodi e Monza Brianza di fronte alla possibilità che nella Bassa Lodigiana, fra Ospedaletto e Casalpusterlengo, si possa insediare un nuovo colosso della logistica bruciando 200 mila metri quadrati di fertile terra agricola che sarebbero coperti da capannoni e verrebbero solcati da centinaia di tir, in una zona che, fra Mantovana e Via Emilia, è già fra le più trafficate del Lodigiano.
In provincia di Lodi - spiega la Coldiretti - secondo gli ultimi dati disponibili, dal 1999 al 2007 il suolo urbanizzato è cresciuto del 15,6 per cento, mentre il Lombardia fra il 1955 e il 2011 l’avanzata del cemento e dei capannoni ha registrato una progressione del 235 per cento. La Regione ha appena approvato una nuova legge contro il consumo di suolo, ma c’è una finestra di 30 mesi prima che le limitazioni vengano applicate dai comuni.
«Gli enti locali - afferma Luigi Simonazzi, responsabile economia e territorio della Coldiretti di Milano Lodi e Monza Brianza - hanno un’enorme responsabilità nella gestione del territorio, tutelando le aree agricole. Anche nei piani di espansione urbanistica credo che debba prevalere un principio di qualità della vita».
«Non mi pare -aggiunge Simonazzi- che un colosso di cemento con il passaggio di centinaia di camion corrisponda a questi criteri. E forse qualche domanda bisognerebbe farsela anche sulle mirabolanti promesse di centinaia di posti di lavoro che questi progetti si portano dietro per poi scoprire che in realtà le cose non stanno mai come vengono raccontate. Il Lodigiano ha già preso troppe fregature».
Anche perché - spiega la Coldiretti - basta guardare una mappa geografica per scoprire che sui 783 chilometri quadrati della provincia di Lodi negli ultimi cinquant’anni sono sorti come funghi: capannoni, autostrade, due centrali termoelettriche, industrie chimiche e nuovi quartieri residenziali. Tutto in un territorio che resiste come culla del Grana Padano e che ha ancora 1.377 aziende agricole attive di cui il 50% sono stalle da latte.
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