L’ultimo saluto a Stefano

Ospedaletto, in migliaia ai funerali

«Ucciso da una mano folle e assassina». Se n’è andato così Stefano, lasciando «un dolore lancinante alla mamma Mariateresa, al papà Paolo, alla sorella Paola e al piccolo Marco». A salutarlo, ieri mattina, c’erano migliaia di persone. Un fiume composto e commosso, quello che ha aspettato in silenzio l’arrivo del feretro, all’ombra del viale alberato che conduce alla chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Ospedaletto. È tocccato a padre Emiliano Redaelli, rettore del Collegio San Francesco, che il 20enne morto all’alba dello scorso venerdì a Mykonos ha frequentato dalle elementari fino al liceo, tagliare il silenzio carico di lacrime del funerale, «in cui i “perché” che si affollano nella nostra testa e non trovano pace» . Tra le letture della liturgia, presieduta dal parroco di Villanova del Sillaro don Stefano Daccò, il passo del Vangelo di Marco della morte di Gesù, quando il buio ha avvolto tutta la terra. «Un buio che torniamo a sperimentare oggi - ha detto padre Redaelli nell’omelia - insieme allo stesso grido: perché mio Dio? Solo il Cristo dalla Croce può darci una risposta». Un «giovane forte e coraggioso Stefano - ha raccontato il rettore - , animato, ma mai scomposto, che credeva nei valori dell’amicizia ed era sempre desideroso di motivazioni senza essere polemico. Con un cuore da bambino sotto la scorza da adulto». Il rettore ha ricordato l’ultimo incontro nel maggio scorso e ha parlato dei sogni di una giovane vita strappata in vacanza «da una mano folle e assassina». «Aveva dei progetti Stefano e ne aveva già parlato con il padre - ha proseguito il sacerdote -, con cui aveva costruito un rapporto adulto, amicale. Lui che aveva un carattere fermo, con quegli occhi belli e fissi, scrutatori e le labbra che abbozzavano un sorriso unico e particolare. I sogni di Stefano non sono spezzati, sarà Dio a realizzarli per lui». E se l’uomo è da sempre tormentato dal senso della distruzione definitiva, il rettore ha citato anche Dante («Fatte non foste a vivere come bruti») e Alda Merini e il suo poema della Croce e il verso «Adesso io verrò spezzato in mille parti». Quasi a dire che una parte di Stefano sarà dentro chiunque lo abbia amato. «Abbiamo corso troppo, dobbiamo fermarci - ha detto ancora - perché la vita non è stata tolta. Stefano non è tolto, come il piccolo Marco ha detto con parole sue al papà ieri. Perché i nostri morti sono degli invisibili, fissano i loro occhi pieni di luce su di noi. Come sta facendo ora Stefano». Non ha voluto far mancare il proprio sostegno alla famiglia, il vescovo di Lodi Giuseppe Merisi, che ha inviato un messagio di condoglianze alla comunità di Ospedaletto. Tra le rose bianche e singhiozzi soffocati, è salita sul palco la giovane Michela, cugina di Stefano. «Non puoi crescere con una persona e poi pensare che sia rimasta indietro - ha detto -: noi siamo convinti che non te nei sei andato. Ci mancheranno i tuoi modi di dire e la tua testa dura. Ci mancherai tu». Ad accompagnare Stefano, un lungo appluaso. Poi il viaggio fino a Villanova del Sillaro e la tumulazione nella cappella di famiglia.

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