
Cronaca / Basso Lodigiano
Sabato 25 Gennaio 2025
Nell’ospedale che visita i pazienti con il diabete a distanza VIDEO
Codogno Nel servizio della dottoressa Valeria Guazzoni, in casa di comunità, la cura dei pazienti passa anche attraverso una webcam

Codogno
Diabetologia, è partito da Codogno, l’ospedale dove 5 anni fa è stato diagnosticato il primo caso di Covid dell’Occidente, il progetto pilota della Lombardia, per la cura del diabete grazie alla telemedicina. Ecco come funziona.
Codogno, nell'ospedale che visita i pazienti a distanza. Video di Cristina Vercellone
Abbiamo incontrato la responsabile della diabetologia, la dottoressa Valeria Guazzoni.
Le stime parlano di circa 14mila lodigiani affetti da diabete, 10 mila seguiti in ospedale e gli altri 4mila dai medici di famiglia. A causa dei cattivi stili di vita, i diabetici, negli ultimi anni, sono aumentati del 10 per cento e non ci sono segnali di frenata del fenomeno. I tempi per le visite di controllo sono di circa 10 mesi.
Il medico entra in casa del paziente grazie alla webcam e all’infermiere di famiglia fisicamente presente
L’obiettivo della telemedicina è prevenire l’aggravarsi dei pazienti più complicati, evitare che facciano lunghe attese in pronto soccorso, intervenire precocemente, grazie al teleconsulto con i medici di base e grazie all’infermiere di famiglia e comunità che va a domicilio del paziente con il suo computer, si collega a distanza con il medico dell’ambulatorio, gli misura i parametri, li invia al dottore, gli mostra eventuali ferite e insieme risolvono il caso.
«Questo sistema - spiega la dottoressa Guazzoni - è fondamentale per aiutare chi non può spostarsi e per evitare i continui accessi in pronto soccorso. Il servizio è appena stato attivato: attraverso i teleconsulti con i curanti abbiamo già assistito oltre 15 persone e mediante televisita con gli infermieri a domicilio circa 4, ma ce ne sono già in programma più di 20 per i primi mesi del 2025».
«La glicemia si è alzata, venga subito», dall’appello del paziente, il teleconsulto del medico di base con la specialista e la visita a domicilio
«La settimana scorsa - racconta la diabetologa -, un medico di famiglia ha ricevuto la segnalazione da un paziente che la glicemia si era alzata. La dottoressa mi ha fatto una videochiamata, abbiamo ipotizzato una strategia d’intervento a seconda di come la collega avesse trovato il suo assistito dopo la visita a casa. Il paziente era peggiorato e l’ha mandato da me. È stato un intervento molto importante. Se non avessimo avuto questa rete l’uomo sarebbe finito in pronto soccorso».
Le infermiere di Codogno Cinzia Rocchetto e Chiara Grazzani, prima in pronto soccorso, ora sono la chiave di volta dell’assistenza a domicilio dei diabetici
«Le nostre due infermiere di famiglia Cinzia Rocchetto e Chiara Grazzani, che hanno un passato in pronto soccorso - spiega Guazzoni - sono state formate per questo progetto e ora sono in grado di andare da sole a casa dei pazienti. Noi ci colleghiamo con loro da qui e insieme risolviamo il problema. È un servizio di personalizzazione della telemedicina che riesce a intercettare e risolvere precocemente le problematiche».
Le infermiere a domicilio: «In collaborazione con il medico che era dall’altra parte dello schermo siamo riuscite a indicare alla paziente una terapia corretta»
«Una signora veniva da noi da tanto tempo - spiega la dottoressa Guazzoni -, ma non seguiva le prescrizioni, siamo riusciti a organizzare una televisita a domicilio, abbiamo fatto un incontro prima delle visita con le infermiere per discutere di cosa avremmo potuto trovare a casa: avevamo sospettato che non seguisse le prescrizioni e facesse confusione con la somministrazione delle terapie».
«Una volta a casa - aggiungono le due infermiere Rocchetto e Grazzani - abbiamo visto che la donna non aveva un care giver di riferimento, il marito e la figlia non riuscivano a essere sempre presenti. In collaborazione con il medico che era dall’altra parte dello schermo siamo riuscite a individuare una terapia corretta da far assumere alla signora, abbiamo fatto educazione sanitaria e spiegato come deve compilare il diario glicemico e iniettarsi l’insulina con la penna. Al termine, insieme allo specialista, abbiamo fissato una nuova visita medica: la prossima settimana torneremo da lei per vedere se l’educazione sanitaria è andata a buon fine».
«Bastava togliere l’ago incastrato nella penna: senza di noi la paziente sarebbe andata in pronto soccorso. I pazienti hanno il numero di telefono delle infermiere e le chiamano quando hanno bisogno»
A volte quello che sembra un problema insormontabile che fa andare una persona in pronto soccorso è facilmente risolvibile, ma serve l’attenzione di un professionista.
«I pazienti - spiegano le due infermiere - hanno il nostro numero di telefono e ci chiamano quando hanno bisogno. Un giorno siamo stati chiamati subito dopo una visita da un paziente non riusciva a somministrarsi l’insulina. Siamo andati a casa sua e abbiamo visto che l’ago era rimasto incastrato nella penna. È bastato sfilarlo e la penna è tornata funzionante. Senza il nostro intervento, i parametri si sarebbero modificati e il paziente sarebbe finito in pronto soccorso».
L’intelligenza artificiale per accorciare le attese dei controlli del fondo dell’occhio
Le liste d’attesa per il fondo dell’occhio nel paziente diabetico sono lunghissime, arriva l’intelligenza artificiale per accorciarle.
«Abbiamo acquistato 3 retinografi - spiega la dottoressa Guazzoni -, da aggiungere all’apparecchio già presente e un software di intelligenza artificiale, per effettuare lo screening della malattia che può portare anche alla cecità se non diagnosticata velocemente. Attualmente lo screening viene effettuato solo al 70 per cento dei pazienti a causa delle liste di attesa. Il retinografo scatta le immagini della retina, l’oculista le guarda e dice se è presente o no la retinopatia. A causa della carenza del personale, attualmente, il numero delle immagini che gli oculisti vedono è limitato. Per questo, nella nostra Asst, abbiamo proposto questo progetto: l’intelligenza artificiale distingue le immagini dell’occhio sano da quelle con un sospetto di retinopatia. L’oculista così guarda solo queste ultime per confermare o no la diagnosi. In questo modo riusciremo a garantire ai pazienti un accesso tempestivo alle cure».
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