Pesca di frodo, scoperta maxi rete con un quintale di pesce

Scoperta una rete abusiva di oltre venti metri nelle acque dell’Adda con oltre un quintale di pesce già catturato. L’intervento della polizia provinciale è avvenuto nei giorni scorsi sulla linea di confine delle province di Lodi e Cremona, fra Pizzighettore da una parte e Maleo e Camairago dall’altra, all’interno del Parco Adda Sud.

Gli agenti hanno effettuato uno dei consueti sopralluoghi a tutela della fauna ittica in un tratto del fiume solitamente frequentato da pescatori di frodo e subito hanno notato delle “anomalie” che li hanno convinti ad appronfondire il controllo.

Erano presenti infatti numerosi agganci sulla riva e galleggianti in acqua, tutti collegati a una grossa rete a tramaglio lunga circa venti metri.

All’interno erano già finiti decine di pesci di varie specie (carassi, carpe, siluri e abramidi), per un peso di oltre un quintale complessivo.

A quel punto gli agenti si sono appostati in una zona nascosta, in attesa che i trasgressori venissero alla luce, ma purtroppo non si è fatto vivo più nessuno e in tarda serata, anche per le avverse condizioni meteo, hanno lasciato l’appostamento per ritornare alla centrale. Nel frattempo il pesce trovato nella rete è stato interamente liberato e ributtato nelle acque del fiume. Il sospetto è che i pescatori abbiano raggiunto quella riva utilizzando dei gommoni, data la difficoltà incontrata dagli agenti per giungere fin lì da terra per la presenza di numerose ramaglie. Ora sono in corso le indagini per individuare chi ha posizionato le reti, anche se gli elementi in mano alla Provinciale di Cremona sono pochi.

Non si placa quindi l’attività della polizia provinciale (sul fronte Lodigiano ma anche su quello Cremonese e Piacentino, con un lavoro molto spesso svolto in sinergia) per combattere la presenza dei pescatori di frodo nelle acque dei fiumi. Le segnalazioni arrivano più di frequente dalle rive del fiume Po e dal fiume Lambro, ma ora è emerso chiaramente come nemmeno le acque dell’Adda siano immuni da questo fenomeno.

Ad agire sono per lo più stranieri dell’est, che utilizzano pratiche vietate (come la corrente elettrica o reti non a norma) per catturare la maggiore quantità di pesce e saccheggiare così la fauna ittica dei fiumi. Il “bottino” di questi raid viene poi rimesso in commercio illegalmente, sia in Italia che nei paesi dell’est Europa.

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