
Si aprirà tra due settimane a Lodi, per rito immediato, il processo a carico di G.R., il 57enne incensurato, di origini napoletane, che la mattina del 17 marzo scorso sparò nelle gambe del titolare e del contabile dell’azienda per cui lavorava, la Technoelectric di Castiglione d’Adda. Il difensore di fiducia, Augusto Ridella di Piacenza, anticipa che l’intenzione al momento è quella di concordare la pena con la procura della Repubblica per ricorrere al patteggiamento, che dà diritto allo sconto di un terzo sulla pena prevista.
Il 57enne, sposato e padre di famiglia, si trova ancora agli arresti domiciliari. Era stato arrestato pochi minuti dopo, mentre si allontanava dall’azienda, e si era consegnato spontaneamente ai carabinieri. L'accusa iniziale era di tentato omicidio, quindi il primo difensore Elena Veronesi aveva convinto il pm Emma Vittorio che in realtà l'uomo, magazziniere da anni nella ditta, non aveva alcuna intenzione di uccidere. «Ha mirato ai piedi - spiega l'avvocato -, questo lo confermano le vittime stesse. E lui ha sempre sostenuto che se li avesse voluti ammazzare, ci sarebbe riuscito . È un tiratore esperto, non perché sia appassionato di armi, ma perché si esercitava al poligono in quanto la pistola, regolarmente detenuta, gli era servita quando lavorava come custode per l'azienda».
Al lavoro per la Technoelectric da diversi anni, infatti, il 57enne si era visto offrire gratuitamente l'alloggio annesso ai capannoni, con l’impegno controllare che di notte non avvenissero furti. Lo scorso anno però l’alloggio gli era stato tolto, pur mantenendo il posto di lavoro in magazzino, e al suo posto è arrivato un altro custode. «Non c’era solo questo - osserva l’avvocato -, il mio assistito sostiene che in ditta c’era chi non lo poteva vedere, che lo trattavano male e che si sentiva etichettato come “un terrone”».
Quel mattino, dopo l'ennesimo litigio, G.R. era andato alla sua scrivania, aveva preso la pistola e aveva esploso un colpo calibro 22 verso le gambe del responsabile amministrativo F.C., 49 anni, causandogli la frattura del femore per 60 giorni di prognosi, e quindi altri due, uno dei quali a segno, contro il titolare M.A., anche lui 49 anni, che se l’era cavata con 10 giorni di cure.
Le accuse sono di lesioni volontarie aggravate e di lesioni gravissime.
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